Stazione Termini, date a Cicalone quel che è di Cicalone

Andrea Venanzoni

Lo youtuber ha portato alla luce la miseria umana della stazione centrale di Roma. Criticato per la "spettacolarizzazione" ma ci ha anche aiutato a riscoprire l'empatia

Nell’ultimo anno, Simone Cicalone, tenutario di un canale YouTube da oltre 650.000 iscritti, ha affrescato una autentica saga sulla Stazione Termini e sui suoi dintorni: favelas, baraccamenti, disagio estremo, aggressioni, violenze, storie di solitudini e di derive esistenziali, droga, abuso di alcolici, degrado urbano che vede scivolarsi addosso, indifferenti o timorosi, turisti, pendolari, semplici passanti, in previsione di un Giubileo che si annuncia frizzantino.

  

  

Carrellate di video in cui Cicalone, i fighter Mattia Pileggi e Mattia Faraoni e altre figure che hanno composto nel corso del tempo una autentica crew, percorrono in lungo e in largo piazza dei Cinquecento, via Giolitti, via Marsala e poi le vie interne dell’Esquilino, rivelando alla luce azzurrognola del web una realtà di rara crudezza e confrontandosi con gli abitanti della zona. Un format che non riguarda solo la Stazione romana, e nemmeno solo Roma. Servizi, perché di questo si tratta, sono stati realizzati nei quartieri degradati di Milano, di Napoli, a Genova è andata in onda una vicenda che ha suscitato polemiche e un qualche strascico di indagini, per un acceso confronto con esponenti anarchici degli squat del capoluogo ligure. Ma è alla Stazione Termini che si è costruita, complice il tessuto devastato del (non)luogo, una narrazione che mostra, senza sconti, una realtà mostruosa.


Le critiche sono prevedibili. Innanzitutto, si dice, Cicalone capitalizza sul disagio altrui. Può essere vero, per carità, fa views mostrando gente che si rincorre con fare aggressivo, senza-tetto accumulatori che vivono nella sporcizia, individui devastati da vite infrante e dall’uso e abuso di sostanze. Ma questa argomentazione può valere per chiunque, giornalisti, documentaristi, e per quegli stessi critici, altri youtuber o streamer, che capitalizzano e monetizzano criticando Cicalone e poi servendosi nei fatti dei suoi contenuti e dell’hype che i suoi video generano. Alcuni degli individui ricorrenti nei video dei Cicalone sono divenuti dei personaggi con cui abbiamo imparato a familiarizzare. Personaggi, potrebbe apparire sconveniente usare locuzioni da società dello spettacolo per indicare e descrivere persone alla deriva nello spazio grigio della Stazione. Ma è attraverso quell’averli resi personaggi e quindi per noi riconoscibili, con le loro storie, le loro esistenze, le loro caratteristiche, che queste figure tornano, ai nostri occhi, esseri umani.


Ketty, Vincent, e tutti gli altri. Ne abbiamo conosciuto il passato, la vita, la sofferenza. Prima di criticare la “spettacolarizzazione” per fini di speculazione, pensateci un attimo: quando è stata l’ultima volta che passando a Termini, osservando quelle cataste di carne umana stese a frollare sotto il sole, nel lezzo acre della loro sporcizia, avete provato un brivido di empatia e di commozione? Quando li avete percepiti come dei vostri simili e non come un ostacolo o, peggio, come una minaccia? Cicalone mostra una realtà che tutti noi cittadini di Roma conosciamo, viviamo e subiamo. C’è bisogno di Cicalone, per questo? Vi diranno di no, vi diranno che ci sono le autorità preposte, la polizia, i carabinieri, le associazioni private e caritatevoli, i servizi sociali. Bè, ci saranno pure ma a giudicare da quel che si vede ogni singolo giorno che Dio manda in terra in tutto quel quadrante, giustamente definito “zona di guerra” negli ultimi due video caricati sul suo canale pochi giorni fa, la situazione resta più che preoccupante.

  
E preoccupante non solo nell’arida prospettiva della pubblica sicurezza, ma esattamente in chiave umana
. Perché non è possibile che degli esseri umani siano ridotti a dover vivere in quelle condizioni. D’altronde, uno YouTuber non ambisce a risolvere alcun problema. Non è il suo lavoro, né la sua funzione. Ma può mostrare una realtà, e mostrandola la denuncia. Perché la politica, le istituzioni, le autorità competenti di cui sopra, si attivano solo quando un problema viene esibito a beneficio di vaste platee, quando cioè quel problema diviene di dominio pubblico. In caso contrario, appare grottesco doverlo ribadire ma così è, una situazione per quanto oscena, pericolosa, indegna e degradata sia, non viene considerata nemmeno.
 

Di più su questi argomenti: