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Roma capoccia

Alfredo Passeri: “Lo stadio Olimpico va abbattuto e ricostruito”

Patrizio Li Donni

L’architetto, professore emerito a Roma Tre, riflette sull’urbanistica romana: occasioni perse e idee che non vengono. Il problema, dice, non è aprire nuovi cantieri, ma chiuderli 

Lo incontriamo a Testaccio Alfredo Passeri, architetto, già docente Universitario di Roma Tre, con il suo sguardo disincantato che solo i romani di molte generazioni hanno conservato. L’occasione è l’uscita del suo nuovo libro, “L’architettura parlata” edito da Letteraventidue, ultima sua fatica in cui racconta anni di architettura affrontando anche le questioni più scottanti della Capitale. 

Cosa intende per architettura parlata? “E’ l’architettura spettacolo i cui contenuti sono ridotti ai minimi termini, perché l’immagine ha preso il sopravvento. E’ la nemica giurata della vera fattibilità dei progetti”.
Quanta architettura parlata c’è a Roma?  “E’ il vizio atavico della classe dirigente romana e dei sindaci degli ultimi anni, in particolare di Gualtieri che ne ha fatto il suo cavallo di battaglia amplificato ora anche sui social. A dicembre 2023 erano aperti 1322 cantieri di cui la metà pubblici. Ma il problema non è aprire i cantieri o annunciarli, piuttosto chiuderli. La capitale è sfornita di infrastrutture e grandi luoghi di esposizione dei suoi immensi tesori, mentre ci sono inutili musei contemporanei e ‘nuvole’ quando il turismo congressuale a Roma è ormai inesistente”. 

Ce l’ha con le archiestar? “Il sistema si regge proprio sul narcisismo delle archistar, non faccio nomi tanto sono famosi. I veri maestri come Zevi, Portoghesi, Aldo Rossi, Tafuri, mai si sono prestati al circolo vizioso dell’annuncio, ma sempre e solo hanno pensato all’architettura realizzata che è la vera quintessenza della realtà urbana”. 
La capitale soffre di criticità irrisolte, manca una visione d’insieme? “L’ultimo vero grande intervento fu quello delle Olimpiadi del 1960, dove si realizzarono opere e infrastrutture ancora oggi validissime e decisive per la vita dei romani. Per questo perdere le Olimpiadi fu un errore esiziale del sindaco Raggi. Uno vale Uno è stata la pietra tombale di quella stagione. Si potevano rifare e manutenere impianti come il Flaminio opera del genio di Nervi”. 

Gualtieri sembra stia cercando di intervenire... “Le proposte di recupero del Flaminio sono tutte destinate a fallire. E’ indispensabile l’assoluta integrità del progetto di Nervi, così come la famiglia giustamente da tempo pretende. La ricerca a cura della Getty Foundation e de La Sapienza è il punto di partenza per recuperare il vecchio impianto. Nessuna delle proposte ipotizzate, Cdp, Nuoto Roma, Lotito tiene ben distanziati dal capolavoro di Nervi i nuovi spalti per l’aumento degli spettatori, condizione necessaria per la convenienza economica del progetto. In più mancano le fondamentali alberature artificiali che coprono integralmente gli spettatori. Roma e Lazio meritano entrambe un nuovo impianto. La folle disavventura di Tor di Valle era fallimentare già in partenza. Solo ipotizzare che si potesse spostare un depuratore significa non conoscere la città. Stessi problemi ci sono anche ora a Pietralata. Un governo serio della città decide la localizzazione dei propri impianti sportivi, non la lascia al privato. Per la Roma la soluzione era l’Olimpico, ma so che è stata presentata in maniera distorta ai Friedkin. Dovrebbe essere demolito e ricostruito. Uno stadio solo per il calcio senza necessità di nuove infrastrutture”. 

Altre ferite della capitale? “Stendiamo un velo pietoso sul Termovalorizzatore, gli ex Mercati Generali all’Ostiense, l’area della vecchia Fiera, però sulla Vela di Tor Vergata ora si stanno spendendo 70 milioni di Euro per una cavea esterna e per mettere in sicurezza gli spettatori affinché non si avvicinino al “rudere” di Calatrava con tanto di servizi igienici, fognature, e parcheggi. Tutto per un singolo evento del Giubileo. Ma i Papi a Roma contano. Già all’epoca con Veltroni sindaco il progetto di Calatrava era nato ‘trascurando’ i 3.000 abitanti di quell’area. Come vedi l’architettura parlata torna sempre. Invece dovrebbe ritrovare la sua vera natura, quella dei principi vitruviani di utilitas, venustas e firmitas. Invece siamo a… Cesto’ ”.