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Roma Capoccia

Il peso reale di Roma: una città fuori controllo 

Andrea Venanzoni

Altro che sensazionalismo. Ormai siamo assuefatti a episodi osceni, pozze di urina, sangue essiccato in strada, risse, rapine e atti violenti

Aria rarefatta e sfrigolante, sotto un cielo a piombo. Fantasmi si aggirano in una calura inumana irradiata dai motori accesi e dalla colata lavica di asfalto e di catrame che nel cantiere viene spalmata nerissima in terra.

Turisti con panni bagnati sul capo, novelli emuli della Legione straniera nel cuore del Sahara, fanno ordinata e accaldata fila, accanto ad alcune tende di un camping della disperazione. Con vista su pochi taxi e sui bus scaracollanti e dai tempi geologici di partenza.

Geometrie psichedeliche da cattiva amministrazione. Disegno escheriano di un labirinto di porfido e disagio dentro cui per quanto tu possa fare, percorrere, camminare, sempre qui sbucherai. 

Simbolo perfetto di una città immobile che deve transitare per la stazione Termini anche per tragitti che con quell’area non c’entrano nulla. Per andare da A fino a B devi passare per Z. Anzi, per T, la t di Termini. Unico snodo di scambio e proprio per questo divenuto metafisico epicentro di una umanità alla deriva non tanto ben disposta e con poco, molto poco, da perdere.

Senzatetto, latitanti, tossici, prostitute, gang di giovani maranza magrebino-romani e orde di nomadi e bande di sudamericani organizzati in maniera militare. Presidiano la stazione e si danno convegno lungo le due direttrici della metro, per poi tornare qui e spesso eclissarsi tra i negozietti della zona, ove sovente fanno la loro comparsa smartphone, orologi e device tecnologici di dubbia provenienza.

Delle disfunzioni di trasporto pubblico e di servizi cittadini, del degrado e del caos sappiamo ormai quasi tutto. In una via crucis quotidiana, che però non sembra smuovere davvero le acque. E così si assiste a una desolata discesa verso l’inferno di un report quotidiano di cronaca nera, in cui l’insicurezza e le violenze sembrano aumentare di grado e di intensità.

Di pochissimi giorni fa la notizia di un ragazzo malato di cancro costretto a prendere la metropolitana per recarsi all’Umberto I per la chemioterapia e pestato senza pietà da una banda di borseggiatori. 
Era a Termini, in attesa dell’arrivo della metro B, quando è stato colpito una prima volta e poi sotterrato in una selva di calci. Il bottino di questa brutalità; circa cinquanta euro.

Sempre a Termini, due giovani turisti appena scesi dal treno, nemmeno il tempo di mettere il naso su via Gioberti e sono stati accerchiati, malmenati e aggrediti da una gang di nordafricani che tutti sanno stazionare ed essere operativi in quel quadrante compreso tra via Giolitti e la citata via Gioberti. Gli hanno rubato catenine e altri monili e poi si sono scagliati contro una pattuglia della polizia locale intervenuta sul posto. 

Quando alla fine i poliziotti locali e i numerosi rinforzi giunti in ausilio hanno avuto la meglio sui fermati, uno dei due ha pensato bene di ingoiare la catenina d’oro rubata per far scomparire il corpo del reato.

Ultima, in ordine di tempo ma di certo purtroppo non definitivamente ultima, l’aggressione subita da una donna, attivista di Forza Italia, presa a calci e per questo svenuta sulle scale mobili di Termini.
L’espressione ‘fuori controllo’ rende sempre bene in termini sensazionalistici ma raramente ci soffermiamo a soppesarne la reale consistenza concettuale: una città fuori controllo in cui ormai siamo assuefatti a episodi osceni come quelli descritti, una città in cui davanti pozze di urina, sangue essiccato in strada, risse, rapine, atti violenti ci si rinserra nelle spalle con mestizia, come a dire ‘è sempre stato così, e sempre sarà così’.

Una città in cui inerzia e lassismo vanno di pari passo, danzando verso la fine apocalittica della città, fino a quel fattaccio, quel punto di non ritorno che sempre nella sua baluginante atrocità scuote per un istante la politica e le sonnacchianti istituzioni costringendole a fare qualcosa.

Ma quel ‘qualcosa’ è sempre emergenziale, estemporaneo, epidermico: non c’è mai una visione complessiva di governo, e di controllo razionale, del tessuto cittadino. Aree intere rifluite a no-go zones dentro cui diventa impossibile avventurarsi, anche per le forze di polizia. Linee della metropolitana divenute regno della delinquenza. Servizi caracollanti che espongono, nella loro stortura, i turisti e i viaggiatori stessi alle bande che li attendono, letteralmente, al varco.

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