Foto LaPresse

Roma capoccia

Roma brucia: qualche considerazione “burocratica” sugli incendi estivi

Andrea Venanzoni

Quaranta incendi in una sola giornata tra cintura periferica romana e provincia. Mentre gli Uffici Giardini municipali versano in endemiche condizioni di scarsità di mezzi e personale

Via Belsiana, pieno centro storico. La voluta di fumo nero fende la linea dei palazzi e ben presto si trasforma in allarme, con pattuglie di polizia locale, forze dell’ordine e pompieri che accorrono per evitare che un principio di incendio, originato nelle cucine di un hotel, possa trasformarsi in un rogo a catena. E se a queste latitudini fuoco, fiamme e fumo appaiono tutto sommato ancora per fortuna marginali nell’economia generale del disagio sociale, lo stesso non possono dire tutti gli abitanti delle periferie e di quelle aree che conoscono una notevole incidenza territoriale di aree verdi. La stessa espressione “area verde” è in realtà pietosamente tutta da meditare, perché spesso di verde non c’è nulla, piuttosto un ocra marroncino da savana africana, arbusti essiccati dal sole e dalla incuria, erba alta, alberi spaccati e franati al suolo. Il diciassette luglio brucia Casal Lumbroso, zona drammaticamente abituata alle esplosioni di fuoco, a volte tra i campi, altre volte tra capannoni industriali e fabbriche o come in questo ultimo caso su tutti i fronti. Protezione civile, forze dell’ordine e vigili del fuoco hanno dovuto lavorare per ore, in una incandescente e improba battaglia nel vasto quadrante tra via Tullio Ascarelli e via di Malagrotta, diramando poi anche una nota per invitare gli abitanti di ben tre municipi alla massima cautela stante il potenziale aumento dei livelli di diossina nell’aria. Ad ardere una fabbrica di vernici, aggredita da un incendio partito dalle sterpaglie che la circondavano.

E quella delle sterpaglie è ballata triste che coinvolge e riguarda quasi tutti i più devastanti incendi estivi che ogni anno, come condanna biblica, si abbattono sulla capitale. Per non farsi mancare nulla, nella stessa giornata un vasto incendio era divampato a Tor Vergata, in zona viale Guido Carli. Altro quartiere dalle vaste incolte brughiere, lasciate essiccare sotto i torridi soli estivi e preda di incauti getti di sigarette. Una consuetudine incivile resa ancora più pericolosa dai ritardi e dalla mancanza nella cura del “verde” cittadino. Spesso sono gli spartitraffico delle grandi arterie cittadine, circondati da vegetazione, a conoscere gli inopinati lanci di mozzicone da parte di autisti a cui il cervello deve essersi posizionato in modalità stand-by a causa dell’eccessivo caldo.

Sull’Ardeatina, pochi giorni prima del disastro di Casal Lumbroso, sono stati distrutti dalle fiamme addirittura un maneggio e un casolare. Anche in questo caso, l’incendio sembra figlio della tragica assenza di controlli e di cura. D’altronde la consistenza elevata delle fiamme, in determinati quadranti dallo storico importante in tema, al giungere di ogni estate indica chiaramente la strutturalità del problema. Cui le ordinanze sindacali, emanate all’inizio di ogni estate, non pongono soluzione alcuna, ridotte più che altro a stanchi rituali di compliance per stare con la coscienza a posto. D’altronde gli incombenti, gli obblighi e i divieti imposti sono sempre gli stessi: divieto di accensione di fuochi, niente barbecue in certe aree, cura dei propri campi e giardini. Il problema è che Roma Capitale è la prima a essere in deficitaria situazione di controllo sul fronte del verde. 

Gli Uffici Giardini municipali versano in endemiche condizioni di scarsità di mezzi e personale, tanto ciò vero che addirittura quello del X Municipio, dal primo luglio 2024, ha dovuto interrompere i propri servizi di reperibilità a causa “della esiguità della dotazione organica aggravata dalla messa in quiescenza senza reintegro di circa un terzo del personale”, come si legge in una nota formale inviata dalla direttrice del servizio “verde pubblico” e indirizzata agli organi municipali e al dipartimento capitolino risorse umane. Una situazione, questa, che c’è da scommettere non riguarda solo il vasto litorale romano, dove il verde è davvero tanto e la problematica degli incendi storicamente risalente e drammatica. Per rendere meglio il peso e la gravità della situazione si pensi che sono stati rilevati, in una sola giornata, tra cintura periferica romana e provincia, ben quaranta incendi. Quaranta, esatto. Un numero enorme.

Di più su questi argomenti: