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Roma Capoccia

Altro che Caracas: a Roma tre incidenti stradali ogni ora, 193 morti nel 2023

Andrea Venanzoni

Anno dopo anno, non sembra esserci fine allo stillicidio di sangue versato sulle strade romane. La distrazione è il principale fattore di rischio, propiziato sovente dagli smartphone e da quella continua connessione che produce una conversazione digitale ciclica e reiterata per tutto il giorno

“Un autentico dramma”, “numeri da guerra”, “una ecatombe”. Nell’enfatico crescendo di indignazione della politica, ogni volta che le viene impietosamente messa davanti la consistenza dei morti per incidenti stradali sul territorio capitolino, al netto dell’insopportabile retorica si cela però una verità inconfutabile: sono davvero numeri degni di una guerra, e soprattutto in costante aumento. Anno dopo anno, non sembra esserci fine allo stillicidio di sangue versato sulle strade romane. Luglio ha fatto registrare l’atroce record di una sola giornata in cui si sono registrati 6 decessi tutti collegati alla sinistrosità stradale. E non era andata poi meglio a giugno. A maggio, i morti registrati sul territorio romano per incidenti viabilistici dall’inizio dell’anno erano già ben 58. Persino l’assolato e “desertico” mese di agosto ha continuato a far registrare investimenti mortali e incidenti gravi. Il trend statistico è in nettissima crescita. Che siano le analisi di Aci-Istat o quelle accademiche, come il recente report Analisi spazio-temporale degli incidenti stradali di Roma: determinazione delle componenti cicliche e dell’effetto di eccitazione, realizzato dall’Università Lumsa e presentato nel luglio 2023, il dato è cristallino nella sua spaventosa e luttuosa realtà: 193 morti nel 2023, dati questi forniti da Legambiente, 150 nel 2022, 121 nel 2021 e addirittura 104 nel 2020 che come noto fu l’anno del lockdown e in cui la circolazione e la mobilità vennero a lungo limitate. Prevedibile che le categorie più esposte siano motociclisti, ciclisti e pedoni. In netto aumento anche gli incidenti che vedono coinvolti utenti di monopattini.

Naturalmente l’estensione abnorme della città, completamente sviluppata in orizzontale, con una problematica rete viaria, problematica tanto per la sua articolata e intricata consistenza quanto per il pessimo stato in cui sovente versa, gioca la sua parte. Come non può tacersi, complice la forma mentis del romano medio, agevolata e rinforzata dal deficitario servizio di trasporto pubblico, la propensione a utilizzare la macchina anche per spostamenti davvero brevi. Si consideri che nella capitale avvengono tre incidenti stradali ogni ora. Un numero spaventoso, che per fortuna non sempre vede figurare feriti o peggio. Inutile poi stilare una mappa delle strade più pericolose, perché questa autentica fabbrica della morte sembra davvero essere attiva in ogni momento e in ogni luogo: ovviamente alcune arterie, per la loro morfologia, per intersezioni pericolose, per mancanza di segnaletica, si prestano a divenire più mortali di altre. Via Cristoforo Colombo, la via del Mare, il Lungotevere, via Flaminia, via Tiburtina, detengono poco invidiabili primati di sinistri particolarmente gravi.

Discorso a parte merita la Pontina che essendo strada extra-urbana vede figurare tanto incidenti sul tratto prettamente urbano, quanto su quello fuori dal perimetro cittadino. Molti di questi incidenti sono tecnicamente notturni, ovvero avvengono nell’arco temporale tra la notte propriamente intesa e la mattina, ma non va poi così meglio durante l’arco della giornata; la modifica degli stili di vita, dell’articolazione dei turni di lavoro ha portato a nuovi flussi veicolari e alla presenza di traffico anche in orari prima difficilmente immaginabili.

Una città che non dorme mai, e con una periferia che spinge letteralmente verso i quartieri centrali, vittima di un mancato decentramento di servizi, plessi istituzionali, luoghi di lavoro. Un oceano di lamiere dentro cui è inscatolata una umanità triste, alienata e soprattutto distratta. La distrazione è il principale fattore di rischio, propiziato sovente dagli smartphone e da quella continua connessione che produce una conversazione digitale ciclica e reiterata per tutto il giorno: conducenti che inviano sms, messaggi whatsapp, che chattano su Facebook o controllano quanti like ha ricevuto l’ultima fotografia postata su Instagram, magari mentre si sta sfrecciando oltre una intersezione o si scorre su una arteria particolarmente pericolosa. Ci sono poi alcolici, psicofarmaci o droga, o conducenti molto anziani dai riflessi rallentati, e l’eccessiva velocità. L’eterogeneità delle motivazioni non rende agevoli interventi che non siano quelli puramente repressivi. Anche se decongestionare Roma dal traffico, ricorrendo a un servizio pubblico di trasporto degno di tal nome, aiuterebbe.

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