Roma Capoccia

Alfredo Cattabiani e i simbolismi di Roma, verso il Giubileo

Andrea Venanzoni

Il "Bestiario di Roma", originariamente pubblicato nel 1986, torna in libreria esplorando gli animali simbolici disseminati nell'arte e architettura della capitale d'Italia

La testa di cervo si staglia sul timpano della Basilica di Sant’Eustachio, nella piazza dedicata all’omonimo Santo, proprio dietro il Senato, ed è impreziosita dalle ramificate corna dell’animale e da una croce che viene sorretta proprio dalla bestia. Pochi turisti se ne avvedono, ancora meno quelli che sollevano lo sguardo per ammirare lo splendore araldico incastonato nella pietra e svettante nell’azzurro del cielo. Sul cornicione di palazzo Grazioli invece si può ammirare la statua di una piccola gatta, con ogni probabilità proveniente dal limitrofo tempio realizzato in onore della dea Iside un tempo presente al Campo Marzio.
 

Il gatto, come è noto, era animale sacro alla divinità egizia e in generale figura simbolica molto cara agli antichi egizi. In via della Scrofa, è presente una statua raffigurante una scrofa, probabilmente un frammento di un antico bassorilievo marmoreo che fu murato sulla facciata del convento degli Agostiniani e trasformato in fontanella per volontà di Papa Gregorio XIII nel 1580.
 

E come non citare la statua della Lupa? Simbolo mitopoietico e ancestrale di Roma, lupa etrusca che allatta i due gemelli posti a fondamento della edificazione della città, della sua storia e della sua civiltà.
 

Moltissime sono le raffigurazioni marmoree e architettoniche di animali, disseminate nel ventre di Roma.  Proprio per questo è prezioso il ritorno in libreria, per la casa editrice Iduna, del “Bestiario di Roma” di Alfredo Cattabiani.  Originariamente pubblicato nel 1986 per la Newton Compton, era poi scomparso dalla circolazione libraria come sovente avviene per gli autori che non hanno mai seguito il corso della corrente dei conformismi culturali e politici del mondo editoriale. In questo bel volume, Cattabiani ripercorre gli animali disseminati per Roma, il loro significato simbolico, la loro genesi e la loro storia artistica e culturale.
 

Sempre Iduna ha annunciato la riedizione di un altro volume di Cattabiani che per la tematica affrontata va considerato di assoluta attualità, “Storia dei giubilei – dal 1300 al 2000”, in origine edito nel 1999 da Bompiani. Ma chi era Alfredo Cattabiani? Raffinato studioso di simbolismi, di ritualità, di cultura tradizionale, consulente e direttore editoriale, sarà lui a impreziosire il catalogo della Rusconi che proprio grazie alle sue sapienti mani si renderà fucina di un pensiero alieno ai dogmi del progressismo. Tetragono alle dure accuse che gli venivano riversate addosso da una intellighènzia per cui la missione intellettuale doveva essere limitata al realismo e all’impegno sociale, Alfredo Cattabiani fu intellettuale genuinamente conservatore, ma non nella grigina declinazione politologica della definizione. Hombre vertical nel vero senso del termine, portò lui in Italia per Rusconi il tolkieniano “Il Signore degli Anelli”; non per farne un santino notarilmente ossequiato sotto teca museale ma perché tra quelle pagine scorgeva la fisionomia dell’epos, virilmente risorgente in una epoca che dell’impegolato impegno sociale aveva fatto squallida religione da società civile e da buffet in terrazza.
 

Raffinato, coltissimo e convinto delle proprie posizioni, non propriamente come certi ‘conservatori’ contemporanei che vivono principalmente in ginocchio e sotto la perenne ombra di Canossa, si circondò di figure di vetta come Cristina Campo, Elémire Zolla, Guido Ceronetti, pubblicando testi degli stessi, tra cui ‘Il flauto e il tappeto’ della Campo e ‘Difesa della luna’ di Ceronetti, di Jünger, Florenskij, Eliade, Buscaroli, Weil. Più volte venne indicato alla pubblica esecrazione in quanto non fervente sostenitore delle magnifiche sorti progressive che per l’epoca erano linfa vitale dei soviet di redazione.  Cattabiani gli attuali “conservatori” che svernano per Ministeri, Parlamento e musei, tra una polemica trash e l’altra, se lo sono dimenticato, in compenso gli preferiscono Gramsci. Un po’ come quei camerieri a cui gli aristocratici regalano in un gesto di accondiscendente pietà i propri vecchi abiti.

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