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Roma Capoccia

Il diritto all'abitare e quella matta tentazione dell'esproprio

Andrea Venanzoni

In città la sinistra ha ormai individuato nei proprietari immobiliari il nemico simbolo di tutte le disfunzioni, ma alcuni di loro sono stati nei fatti spogliati dei loro beni, hanno dovuto fronteggiare inquilini morosi insediatisi nelle loro case, senza più pagare e tutelati da moratorie di ogni genere

Il 3 dicembre scorso, sotto la sede di Confedilizia a via Borgognona, è andata in onda l’ennesima puntata del reality show vetero e neocomunista ormai pretenziosamente conosciuto come “diritto all’abitare”. Da tempo gruppi dell’estrema sinistra, centri sociali, sindacati degli inquilini, sovente composti da esponenti delle prime due categorie citate, collettivi studenteschi e molta altra gente che ha evidentemente tanto tempo libero a disposizione hanno individuato nei proprietari immobiliari e nella loro sigla associativa il nemico assoluto da elevare a simbolo delle disfunzioni e delle distorsioni del mercato immobiliare, del caro affitti e del problema abitativo. E così, dopo la parziale e temporanea occupazione della sede romana di Confedilizia avvenuta mesi fa, il 3 dicembre alcune decine di manifestanti hanno inscenato un sit-in rumoroso e condito da slogan e da parole d’ordine non esattamente concilianti. E così abbiamo sentito evocare il “banco degli imputati”, su cui dovrebbero salire i proprietari delle abitazioni e ovviamente gli arci-nemici di Confedilizia guidati dal Presidente Giorgio Spaziani Testa, la cui unica colpa è quella di cercare di tutelare al meglio le ragioni della proprietà privata immobiliare.

 

E se per sindacati degli inquilini, Potere al Popolo e collettivi assortiti la proprietà immobiliare continua ad essere una oscenità a cui andrebbe opposto un diritto assoluto all’abitare, la cui evanescenza appare evidente e che spesso finisce per tradursi nell’occupazione di immobili sfitti, l’aria che tira è sempre quella del considerare la proprietà stessa una rendita, nemmeno fosse provento di gioco d’azzardo o di una attività criminale. Da tempo però sul vento di questi gruppuscoli e dei loro metodi discutibili, buon ultime le azioni contro i lucchetti di Airbnb salutate da una parte dell’opinione pubblica al pari di una mitografia alla Robin Hood, finisce per convergere la facile demagogia di una politica che, priva di visione e di spina dorsale, eleva la cortina fumogena del capro espiatorio per fuggire dalle proprie responsabilità, dichiarando guerra totale, ad esempio, agli affitti brevi. A fronte della tendenziale inerzia su reali politiche abitative assistiamo a un profluvio di tonanti dichiarazioni contro gli affitti brevi. D’altronde verrebbe da chiedere ai solerti manifestanti e alla evocata “carneficina sociale” dentro cui si finirebbe se non si argina la deregolamentazione, e immaginate parlare di far west e deregulation, in Italia, credendoci davvero, se sia Confedilizia la responsabile della crisi dell’abitare. Non saranno forse invece la politica e l’amministrazione in ogni suo livello a portarsi sulle spalle la responsabilità maggiore in tema? Da chi dipende la politica di edilizia residenziale pubblica? Chi ha il potere di legiferare, amministrare, assegnare? E invece si torna quasi sempre al punto di partenza. Gli affitti brevi.

 

Affitti brevi, già. Cagione di qualunque male, a quanto pare. Fonte privilegiata del turismo di massa, ma anche di affitti impazziti. E così la sinistra che guida il Campidoglio e la presunta destra che, con Francesco Rocca, governa la Regione Lazio finiscono per stringersi metaforicamente la mano contro la libera disponibilità della proprietà immobiliare. Chissà cosa direbbe Milei a cui la presunta destra elargisce la cittadinanza italiana salvo poi adottare politiche sideralmente lontane da ciò che farebbe il premier argentino. E dato che già s’avanza la richiesta pressante di una tregua giubilare sugli sfratti, andrebbe ricordato ai cantori della lotta totale contro gli affitti brevi che in Italia nel corso degli ultimi anni di blocchi degli sfratti ne abbiamo visti molti. Proprietari sono stati nei fatti spogliati dei loro beni, hanno dovuto fronteggiare inquilini morosi insediatisi nelle loro case, senza più pagare e tutelati da moratorie di ogni genere. Inevitabile, in un quadro che vede sempre più traballante la posizione del proprietario, che l’affitto breve venga considerato come una soluzione più sicura non dalle grandi corporation speculative ma proprio dai piccoli e medi proprietari.

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