Roma Capoccia
Rivoluzione urbana: Piazza Pia e la sfida della pedonalizzazione
Effetto Giubileo. Lo “slargone” è diventato una vera piazza. Roma cerca un equilibrio tra modernità e tradizione
Roma. Diciamocelo: poteva andare molto peggio. E invece la nuova Piazza Pia pedonalizzata grazie al sottopassaggio anticipato di qualche centinaio di metri e inaugurata lo scorso 23 dicembre è quasi accettabile. Un 6 più, se proprio dovessimo dare un voto. Anche se, con 85,3 milioni di spesa e 450 giorni di cantiere, forse si poteva ambire a qualcosa in più. Che poi piazza è un parolone. Quasi tutti i romani di nostra conoscenza, in quest’anno di lavori e cantieri, a sentire Piazza Pia chiedevano: ma qual è? Ma sì, dai, quello “slargone” che sta tra la parte pedonalizzata davanti a Castel Sant’Angelo e Via della Conciliazione, dove prima passavano le auto. Ah, quello… Mai saputo si chiamasse così. Bah…
Ecco, proprio lì ora le automobili passano sotto ed è tutto pedonalizzato. Lo “slargone” è stato nobilitato al rango di “piazza” a tutti gli effetti. Arrivandoci a piedi, due sensazioni. In primis, l’assurdità che prima qui ci passassero le auto, quando invece questo collegamento tra Castel Sant’Angelo e il Vaticano reclamava da tempo una pedonalizzazione, almeno da quando è stata chiusa al traffico Via della Conciliazione. La seconda è che l’unica cosa davvero degna di nota è proprio l’apertura alla vista del vialone che porta a San Pietro, con colonnato e la basilica sullo sfondo, senza più la preoccupazione di essere investiti da una macchina.
Siamo in un pomeriggio infrasettimanale dopo l’Epifania e la situazione è tranquilla: pochi pellegrini e molti romani curiosi, come noi, di vedere la novità. E soprattutto toccare con mano un’opera (piazza e “sottopassino”) realizzata in così breve tempo, che a Roma sembra un miracolo: ahó, ma allora pure noi siamo capaci! Incredibile! E così, complice l’imbrunire dietro il Cupolone, partono foto e selfie divertiti da spedire ad amici e parenti. Qualcuno si ripromette di passarci più spesso, qualcun altro di venirci addirittura in bicicletta, magari con la bella stagione. Di verde ce n’è poco, ma gli arbusti piantati forse cresceranno e l’effetto poi sarà diverso. Le sedute in marmo sono incastonate sui dei gradoni anche piacevoli e poi eccole lì: due fontane basse e rotonde, tipo due pastiere napoletane, ma tant’è. I turisti hanno già preso a gettarci monete manco fossimo a Fontana di Trevi. La piazza, al contrario di quanto afferma qualche architetto rosicone, s’incastra piuttosto bene nel contesto: gli architetti comunali ci hanno dato dentro con sanpietrini, marmi e travertini, facendo il minimo sindacale per rispettare, appunto, l’ambiente circostante. E forse qualcosa in più si poteva osare. Ma di tempo non ce n’era, nemmeno per assoldare un archistar. Non hanno rischiato nulla, anche conoscendo la bassa propensione romana alle novità architettoniche: è ancora fresco il ricordo dell’Ara Pacis dell’architetto americano Richard Meier ribattezzata per almeno un decennio “la pompa di benzina”, e ora forse non più.
Decisamente più brutta è invece piazza Risorgimento, senza verde, con una pedonalizzazione che la unisce a Via di Porta Angelica, senza più passaggio di automobili, tutte convogliate dall’altra parte della piazza in entrambi i sensi, con non poche contumelie da parte di automobilisti e conducenti di autobus per l’effetto imbuto che un po’ rallenta. Anche in questo caso, però, la modifica alla mobilità urbana appare azzeccata: i pellegrini avranno molto più spazio per bivaccare con tranci di pizza e panini. Il peggio in assoluto è però il rifacimento di via Ottaviano: qui davvero ci voleva un po’ di verde, perché l’effetto è di una cementificazione selvaggia. Complice anche il basso livello qualitativo dei negozi, sembra il centro di una città dell’est europeo in pieni anni Ottanta.
E Piazza San Giovanni? Qui il rifacimento dello spazio davanti alla basilica è costato 15 milioni e non soddisfa gli abitanti del quartiere. “Sarebbe stato meglio un restyling della vecchia piazza, almeno prima un po’ di verde c’era, ora invece è quasi scomparso. Come anche le panchine: non ce n’è più una dove sedersi…”, fa notare il titolare di un bar tabaccheria che ha raccolto gli umori dei residenti. La vera particolarità sono le nuove (sei) fontane a sfioro, pavimentate, che di sera sono anche gradevoli, con giochi d’acqua e di luce, ma di giorno – almeno quando c’eravamo noi – sono inspiegabilmente spente, tipo grandi pozze umide senza però gli animali della savana ad abbeverarsi. “Ma dove sono le fontane?”, la domanda dei romani in visita. “Sono quelle, sono spente…”. Ah ok.