"Impresa Comune". Competizione virtuosa Regione-Campidoglio per attrarre risorse fuggite
Micro-capitali, grandi investimenti. Il rilancio di Roma dopo anni di fuggi-fuggi di grandi aziende e stasi dei progetti
Impresa più impresa invece che impresa contro impresa: da qualche tempo Comune di Roma e Regione Lazio, governati da opposti schieramenti politici, sembrano animati dalla stessa volontà di andare definitivamente oltre il periodo in cui gli investitori fuggivano da Roma, e le grandi aziende presenti sul territorio lasciavano la capitale — e non soltanto per effetto della pandemia (l’addio imprenditoriale a Roma è infatti iniziato prima del 2020). E se, settimana scorsa, la giunta Rocca ha annunciato un bando da sei milioni di euro a fondo perduto per le imprese laziali, nel quadro generale di un percorso di sostegno alle Pmi per promuovere la “diversificazione economica”, il Comune ha ieri celebrato in Campidoglio i risultati della prima edizione di “Roma Impresa Comune”, alla presenza del sindaco Roberto Gualtieri, dell’assessora alle Attività produttive Monica Lucarelli e di vari esperti del settore (ricerca e industria), per illustrare i risultati e lanciare un secondo progetto per il prossimo anno. L’idea di base è il sostegno a imprese che si allineino a modelli di “business sostenibili e orientati al beneficio comune”, per trasformare Roma in un avamposto di cambiamento a livello socio-economico. Nel corso del 2024, intanto, cento aziende locali si sono impegnate in un processo gratuito di trasformazione in “società benefit”, il cui numero, a Roma, in dodici mesi, è cresciuto del 15 per cento. “Con Roma Impresa Comune”, dice Lucarelli, “la capitale si afferma come un laboratorio internazionale di innovazione imprenditoriale, dove profitto e impatto positivo su ambiente e società si integrano in un modello unico. Questa best performance renderà Roma non solo un punto di riferimento per un modo di fare impresa inclusivo e sostenibile, ma anche una città sempre più attrattiva per investitori e professionisti attenti ai criteri ambientali, sociali e di governance”. Il modello di business su cui si lavora tende a rendere la sostenibilità accessibile anche alle piccole imprese (le realtà coinvolte spaziano dall’abbigliamento all’edilizia e design, dall’alimentare al packaging, fino alla consulenza aziendale, ai servizi culturali e alla formazione), con l’obiettivo di superare il divario che poteva penalizzare le micro-imprese a livello di mancanza di risorse finanziarie, scarsità di competenze specifiche e complessità normativa.