Nomi per la futura corsa a Roma
“Che nessuno porti il prossimo Michetti”, raccomanda Maurizio Gasparri
"Dobbiamo fuggire come la peste orrori ed errori annunciati". L'ex ministro e senatore di Forza Italia dà consigli interni al centrodestra per la corsa al Campidoglio del 2026 (o 2027). No esperimenti, no "civici ignoti" e comunque che sia un nome "robusto, forte"
Roma. C’è tempo – tempo fino all’ottobre del 2026 e magari, in caso di accorpamento elettorale, anche fino al maggio del 2027. C’è tempo, sì, ma intanto “ci sono alcuni errori da evitare”, se non proprio da scongiurare con qualsiasi mezzo, se si vuole arrivare preparati all’appuntamento con il prossimo voto per il sindaco di Roma. E’ il primo auto-consiglio dato a tutto il centrodestra da Maurizio Gasparri, ex ministro e capogruppo di Forza Italia al Senato. Gasparri ricorda infatti molto bene il processo fallimentare che ha portato prima alla scelta e poi alla sconfitta del candidato Enrico Michetti contro l’attuale sindaco di centrosinistra Roberto Gualtieri. “E con Michetti io oggi ho un rapporto di amicizia e cordialità, eh, lo stimo, però dico chiaro e tondo: che nessuno ci porti il prossimo Michetti”. Antefatto: correva l’anno 2021 e, nei mesi precedenti alla scelta del nome da lanciare nell’arena capitolina, si assisteva a un avvitamento a destra tra un cosiddetto “tavolo” e l’altro. E insomma, a metà maggio, a pochi mesi dal voto d’ottobre, nel centrodestra ancora si brancolava non nel buio ma oltre il buio, si girava in tondo senza trovare l’uscita, persi in un buco nero, per poi precipitare in una piccola, apparente radura illuminata. Mettiamoci Michetti, si era detto infine, subito seguiti da un generale, sonoro: “Michetti chi?”. E bisogna riconoscere che lui, il candidato, avvocato e docente di Diritto, con sprezzo del pericolo e sfoggio di iniziale autoironia, si era pure presentato agli elettori esasperando il suo essere signor Nessuno, con un volantino sui cui campeggiava la scritta: “Michetti chi? Il professore che risolve problemi”, con programma rivolto alle “categorie produttive” azzoppate dalla pandemia. All’indomani della sconfitta, però, e dopo che non era andata in porto la candidatura di Guido Bertolaso (da Gasparri caldeggiata), l’ex ministro e attuale vertice dei senatori azzurri aveva detto non soltanto che con Bertolaso la vittoria sarebbe stata cosa certa, ma che la sconfitta era talmente già scritta da poter essere classificata come “errore annunciato”: quello di candidare il Michetti “civico ignoto”. Il dato dell’urna, in effetti, era stato crudele: Gualtieri sindaco con il sessanta per cento dei voti, Michetti fermo al quaranta, l’attuale premier Giorgia Meloni accusata di aver favorito un cavallo zoppo. E pazienza se poi Meloni, l’anno dopo, ha vinto le Politiche: quella di Roma è altra storia e altra ferita. Ma oggi quindi a destra dove si deve cercare, chi si deve sondare? “Nomi non ne faccio”, dice Gaspatti, “è tutto molto prematuro, ma, oltre a ripetere a oltranza ‘nessuno porti il prossimo Michetti’, con tutto l’affetto per il medesimo, dico che il candidato deve essere forte, robusto. Può essere politico o civico, ma se si sceglie un civico allora dev’essere un nome popolare, proprio perché la sfida per il sindaco, a differenza della sfida per la Regione, per via del sistema elettorale, al ballottaggio può diventare una sfida all’O.K. Corral. E dunque dobbiamo fuggire come la peste orrori, errori e miti da società civile”. Miti? “Sono i nomi considerati vincenti per azzardo, per esperimento. Per carità. A meno che tu non abbia da candidare il Padreterno, l’esperimento anche no grazie – abbiamo già dato”.
Nel 2021 Gasparri si sgolava: non tutti i non politici possono portare valore aggiunto, diceva. E diceva anche, ex post, che sulla candidatura di Guido Bertolaso il balletto era stato eccessivo, al punto da portare prima al congelamento del nome e poi all’evaporazione della candidatura stessa. Ma oggi, anche se è presto ma in fondo non troppo, c’è già qualche prematuro tavolo di discussione? “Se ci fosse, il tavolo, gli segherei le gambe”, dice Gasparri, sgomento all’idea di dover ripetere quella sequela inconcludente di incontri tra alleati, rose di nomi, ipotesi, contro-ipotesi, veti incrociati, concessioni parziali, giravolte, sussurri, urla e strepiti. E tutto per finire dove? Nell’anticamera del flop.