Roma Capoccia
La bandiera (abusiva) della Georgia su Palazzo Grazioli
Lo stendardo è stato disposto senza chiedere alcuna autorizzazione, non ritenendo ce ne fosse bisogno, ma non è arrivata alcuna protesta formale. Quindi perché toglierla? A Tblisi e a Roma a quanto pare sta bene
C’è una bandiera più alta di tutte, a due passi da Piazza Venezia. Non è quella capitolina. Né europea, né italiana. O meglio: il tricolore in effetti c’è, oggi come allora, al piano nobile di Palazzo Grazioli – la fu residenza romana di Silvio Berlusconi. Ma due balconate sopra, sporgente da una superfetazione edilizia, la sovrasta il vessillo della Georgia. Scomposto, quasi parallelo al terreno: per inclinazione e risalto ricorda semmai l’iconico drappo sovietico in cima al Reichstag, più che la bandiera di un’ambasciata. Eppure questa è. In barba a ogni etichetta istituzionale, sfidando l’estetica di Via del Plebiscito – che poco più in là diventa Corso Vittorio, arteria nevralgica lungo quattro rioni – come una pagliuzza nell’occhio di Roma. Magari immobile, innocua (lo è). Ma appena alzato lo sguardo al cielo è altrettanto difficile non notarla.
Domande sparse da passante brontolone: com’è possibile? Chi ce l’ha messa lì? Ma Gualtieri lo sa? A differenza delle sedi statali o regionali, per cui vige l’Ufficio del Cerimoniale di Stato, attorno a quelle diplomatiche non c’è un analogo protocollo formale. Eppure, tutte le altre ambasciate della capitale – e pure altrove – seguono una consuetudine consolidata: bandiera nazionale esposta sul piano nobile, inclinata a circa 45 gradi. Succede così a Palazzo di Spagna. Lo stesso a Palazzo Farnese, dove al tricolore francese si affianca il blu dell’Unione europea. E così via. Roma è insomma la città che ospita più rappresentanze estere al mondo – 139 verso l’Italia, 180 per le relazioni vaticane, 85 associate a San Marino – e nessuna si presenta in modo tanto casalingo come quella georgiana.
Ma ecco il colmo. Cercando di risalire il fiume delle competenze – dei suddetti tre punti di domanda – si arriva a scoperchiare un meraviglioso cortocircuito burocratico. Un passo alla volta: oggi Palazzo Grazioli ospita principalmente la sede della Stampa estera in Italia e, appunto, l’ambasciata della Georgia. La prima è situata al secondo piano – nella fu casa del Cav. – mentre gli spazi diplomatici si trovano al quarto. Che tuttavia non si affacciano direttamente sulla strada, ma su un magnifico terrazzino con vista sul Vittoriale, al termine del quale è appesa la bandiera delle cinque croci. Logica vuole che i rappresentanti di Tbilisi abbiano deciso di segnalare così l’esatta ubicazione dei propri uffici, senza particolare attenzione all’eleganza urbana. Ci mancherebbe: mica è compito loro. Abbiamo comunque provato a contattarli, senza successo. L’Associazione Stampa estera invece è cascata dalle nuvole: sanno a malapena che di sopra lavorano i funzionari caucasici, al resto non hanno fatto caso, d’altronde si sono trasferiti qui soltanto nel 2023.
E i georgiani? Fino a una decina d’anni fa, la sede dell’ambasciata era duecento metri oltre, in Corso Vittorio Emanuele II, numero 21. Poi il trasloco. Dalle immagini di Google Street View si può accertare che la bandiera sventola lassù almeno da agosto 2020. In un lustro, davvero nessuno se n’è accorto? Continuiamo il giro. Dalla giunta Gualtieri ci assicurano che no, questa faccenda non è ascrivibile ad alcun assessorato: si dovrebbe chiedere alla Sovrintendenza capitolina. Altra telefonata. La Sovrintendenza alza le mani: non ha idea di chi se ne occupi, forse Roma Capitale – esiste un “Ufficio di scopo qualità urbana”, onomastica da Fantozzi –, ma forse, anzi, probabilmente no, nemmeno loro. E via così. Alla fine, ci viene in soccorso l’amministrazione condominiale di Palazzo Grazioli. Un edificio privato, si sottolinea. Dove quel che i georgiani fanno al suo interno è difficilmente sindacabile: la bandiera è stata disposta senza chiedere alcuna autorizzazione, non ritenendo che ce ne fosse bisogno. E in tutto questo tempo non è arrivata alcuna protesta formale. Dunque perché toglierla? Giusto. A Tbilisi sta bene così. E anche al decoro di Roma, evidentemente. Facciano pure gli inquilini dell’Urbe. Prossima tappa, gonfalone di Totti al Colosseo: vaje a di’ de no.