roma capoccia

“Roma insolita e segreta”. Bellezze artistiche, leggende e favole della città che non conoscete

Andrea Venanzoni

Roma tracima, letteralmente, di insolite curiosità, di luoghi d’arte che come matrioske riservano al visitatore sempre nuove sorprese; si crede, lo crediamo persino noi nativi dell’Urbe, di conoscere, almeno di nome, tutto

Immortalata anche in un dipinto di Jean-Baptiste Camille Corot, risalente al 1826, la palla di canone si staglia, come artificiale luna nera, al centro di una sontuosa fontana in granito. In asse perfetta con l’ingresso di Villa Medici, su viale Trinità dei Monti. La storia, meglio a dirsi la leggenda, che aleggia sulla palla di cannone finisce con il renderla ancora più interessante; la regina Cristina di Svezia, si narra, giunta a Roma e qui insediatasi, celebre per i suoi interessi alchemici e per aver proprio a Roma stabilito un cenacolo filosofico e alchemico, avendo organizzato una battuta di caccia e resasi conto del ritardo serbato dal nobile residente a Villa Medici, da lei invitato, per farlo svegliare fece sparare tre colpi di cannone da Castel Sant’Angelo contro il suo domicilio. In effetti, sulla facciata del palazzo si stagliano tracce di cannonate. E, quindi, parve logico ipotizzare che la palla nera recuperata fosse una delle tre. E avendo citato l’alchimia, non si può obliare il peso della tradizione ermetica che promana dai bellissimi affreschi che ornano la volta di Villa Farnesina, costruita nel XVI secolo per Agostino Chigi, banchiere di origini senesi e considerato all’epoca l’uomo più ricco di Roma: Chigi, da buon banchiere, chiese a Baldassarre Peruzzi, che gli aveva progettato ed edificato il sontuoso palazzo, di realizzare in una delle sale, quella che oggi è conosciuta come Sala della Galatea, il suo oroscopo. Peruzzi, da buon artista alle prese con un banchiere, ce la mise davvero tutta e ornò l’intero soffitto con le costellazioni zodiacali, seguendo la tradizione ermetica e iconografica ispirata alla mitografia greca.

   

Spostandoci sul verdeggiante colle Aventino, nel solustro del Chiostro di Santa Sabina, dove può essere ammirato, attraverso una finestrella di forma ovale, il miracoloso albero di arancio portato dalla Spagna da San Domenico e, si dice, da secoli conservato in piena vita, ci si può accorgere, aguzzando bene la vista, che le formelle lignee del complesso ecclesiastico recano scene di Antico e Nuovo Testamento; una in particolare desta grande curiosità, quella che raffigura la persecuzione degli ebrei in Egitto. Infatti, il Faraone ha le sembianze di Napoleone Bonaparte, immortalato mentre infligge sofferenze agli ebrei. L’opera nacque durante un restauro delle porte, risalente al XIX secolo, e in tutta evidenza uno scultore che non aveva in particolare simpatia l’imperatore francese si prese quella libertà iconografica dall’ovvio significato politico-concettuale. Roma tracima, letteralmente, di insolite curiosità, di luoghi d’arte che come matrioske riservano al visitatore sempre nuove sorprese; si crede, lo crediamo persino noi nativi dell’Urbe, di conoscere, almeno di nome, tutto. Palazzi, monumenti, rovine, chiese, singole opere d’arte. Eppure spesso finiamo con l’ignorare che molte delle sale delle antiche ville o le stesse rovine racchiudono, come scrigni, immensi e poco conosciuti segreti e storie che impreziosiscono luoghi, ambienti, manufatti.

   

A colmare queste lacune di conoscenze, un utile volume di Ginevra Lovatelli, Adriano Morabito e Marco Gradozzi, “Roma insolita e segreta” (Edizioni Jonglez), che in oltre trecentosettanta pagine riccamente illustrate percorre in lungo e in largo il ventre di Roma, dipanando bellezze artistiche, leggende, favole, impreziosite da tavole di approfondimento sull’ermetismo e su Ermete Trismegisto, su curiosità storiche. Memorabile il Garibaldi salvatore della campana della Chiesa di Sant’Onofrio, al Gianicolo, chiamata ‘campana del Tasso’ perché essa accompagnò con i suoi rintocchi l’agonia del poeta spirato nel vicino convento; durante i moti rivoluzionari del 1849, le campane delle chiese di Roma vennero confiscate per essere fuse e trasformate in palle di cannone. Giunti nella chiesa i rivoluzionari trovarono il padre superiore che li supplicò di prendere tutte le altre campane ma di lasciare quella; irremovibili nel loro proposito, i soldati vennero però fermati da Garibaldi che giunto sul posto venne a sapere della storia che legava la campana al Tasso, morto a soli cinquantuno anni. Commosso, ordinò quindi di lasciarla dove era. Ecco, molto spesso non sono tanto le maestose scenografie architettoniche a colpirci quanto i dettagli e i particolari che rendono anche semplici oggetti, quale può essere una campana, dei frammenti irripetibili di una storia infinita.

Di più su questi argomenti: