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Roma Capoccia

La secessione di Ostia, se ne parla a Montecitorio: comune separato

Andrea Venanzoni

Azione ha presentato una proposta di legge alla Camera. Il problema però è sempre il solito: Roma non funziona 

Nemmeno il tempo di dar conto della ripresa dell’iter legislativo per la piena attuazione dell’ordinamento di Roma Capitale ed ecco che dalle aule parlamentari giunge una nuova iniziativa legislativa, questa volta tesa alla istituzione del Comune di Ostia, rescindendo quindi una parte del territorio dell’attuale X Municipio da Roma. Roma matrigna. Perché questa ormai da decenni è la percezione che le centinaia di migliaia di abitanti del popoloso litorale capitolino nutrono nei confronti di una amministrazione distante e che nel corso del tempo ha anche rinnegato quel poco di decentramento amministrativo riconosciuto nel corso degli anni.

   

Il 23 gennaio scorso è stata presentata una proposta di legge, dai deputati di Azione Ettore Rosato e Valentina Grippo, finalizzata proprio a trasformare la parte costiera del Municipio in comune autonomo, secondo quanto già avvenuto ormai molti anni fa con Fiumicino, passato da quattordicesima circoscrizione romana a Comune. Per ora, la proposta deve ancora essere assegnata alle competenti Commissioni.

 

Nel merito, si cerca di risolvere una questione che si dipana storicamente ormai da decenni, sin da quando sul finire degli anni Ottanta venne tenuto un referendum, poi fallito, per la secessione. Altri tentativi, referendari o con proposte di legge di iniziativa popolare, sono stati esperiti, a lasciar intendere il malcontento di una popolazione che senza retorica ormai si percepisce come figlia di un Dio minore. La proposta di legge, dopo aver ripercorso nella propria relazione illustrativa le specificità e le peculiarità sociali, economiche e morfologiche del territorio, le quali come riconosce la stessa relazione rendono il distacco già fattuale, va dritta al punto senza particolari voli pindarici: viene istituito il Comune di Ostia, individuando le corrispondenti aree urbanistiche, ovvero Ostia Lido e Ostia Antica, senza entroterra, fatta salva la consultazione e l’ottenimento del parere, non vincolante, della Commissione toponomastica della Regione Lazio e la tenuta di un referendum popolare nelle medesime aree urbanistiche. Nelle more della piena attuazione della legge e cioè delle prime elezioni amministrative, sarebbe il prefetto per sei mesi a gestire per via commissariale il territorio. E per fare questo, si assisterebbe, dopo consultazione delle organizzazioni sindacali e dell’amministrazione capitolina, alla devoluzione delle adeguate risorse umane e strumentali.

   

Diciamo subito che la proposta è encomiabile perché smuove acque da troppo tempo immote e può essere senza dubbio uno sprone, sia a livello territoriale sia a livello nazionale, per comprendere come l’autonomia differenziata non possa valere solo per le Regioni ma debba essere un cardine, in forza del principio di sussidiarietà, di valorizzazione delle comunità territoriali e di autogoverno. Da tempo, il grido di dolore lidense, come ricorda il consigliere municipale di Azione Andrea Bozzi, giornalista che di Roma si è occupato molto a lungo, è rimasto confinato alla spicciola polemica di quartiere, senza mai essere davvero ascoltato. Nel merito però la proposta presenta non banali problematiche. La prima è logistico-temporale e costituzionale, intersecandosi proprio con la riapertura dell’iter di trasformazione dell’ente Roma Capitale in una città-Regione; così fosse, verrebbe ad esistere un nuovo interlocutore del costituendo Comune, un interlocutore però pretermesso mediante la mutilazione di una sua parte territoriale. Rilievi questi che sono già venuti ad esistenza nella seconda metà del 2024 per mano della Presidenza del Consiglio e del Ministero per le riforme istituzionali in loro note di risposta ad una iniziativa legislativa popolare di carattere simile. La definizione delle competenze tra Regione Lazio e nuova città-regione di Roma finirebbe inevitabilmente per coinvolgere Ostia, visto che il territorio lidense dovrebbe essere scorporato sulla base del congiunto parere dei due enti regionali. In secondo luogo, è noto quanto e come le proposte di legge di iniziativa parlamentare, statisticamente, finiscano per arenarsi nelle secche parlamentari. Lo stesso iter di attuazione di Roma Capitale ne è senza dubbio esempio privilegiato. Da ultimo, la legge non contiene la facoltà necessitata di opt-out per le risorse umane che dovrebbero essere cedute, con tutte le conseguenze di ordine contrattuale e potenzialmente giudiziario facilmente intuibili: in questo caso non basterebbe accordo tra sindacati ed enti coinvolti, senza consenso dei lavoratori ceduti.

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