(foto Ansa)

Roma Capoccia

2025 fuga dagli uffici del comune: i neo assunti scappano

Andrea Venanzoni

I dipendenti comunali scendono sotto quota 22 mila unità. La Capitale paga una perdita costante di attrattività. La questione rinnovi contrattuali

Steve McQueen in fuga da un campo di concentramento tedesco durante la guerra c’entra poco, ma la fuga dei dipendenti da Roma Capitale è in effetti significativa e dai contorni assai ampi. E non c’è dubbio alcuno che il togliere le tende, lavorativamente parlando, dalla Capitale segnali un problema delicato che rischia di riverberarsi sui servizi erogati ai cittadini e sulla vita amministrativa di una città che, nessuno si offenda, già ora non è di certo un esempio di efficienza.

Negli ultimi anni, molteplici sono stati gli allarmi lanciati e gli approfondimenti che la stessa stampa ha riservato a questo fenomeno di lento ma inesorabile dissanguamento, ma nel 2025, volendo tirare le somme, si scopre che sono migliaia i dipendenti della elefantiaca macchina burocratica capitolina a mancare all’appello. Ormai scesi in termini quantitativi sotto la soglia dei 22.000, mentre erano 24.000 fino a non molto tempo fa; e se questo numero, che non ricomprende il personale delle partecipate, può sembrare comunque alto, si tenga sempre presente che parliamo di una città enormemente estesa, con la popolazione più ampia d’Italia e che, spesso tendiamo a obliarlo, resta la Capitale d’Italia, con la prevedibile duplicazione delle funzioni esercitate. Una città i cui dipendenti sono articolati tanto nel livello centrale dei dipartimenti quanto in quello periferico dei Municipi, oppure nelle articolazioni tecniche, nei servizi sociali e educativi e nella polizia locale. E dato che i dipendenti non sono evaporati, cosa è accaduto di preciso? Alcuni elementi tra loro cospiranti hanno determinato criticamente l’abbassamento dell’asticella quantitativa del personale.

 

Negli ultimi anni le amministrazioni pubbliche di ogni livello e grado hanno ripreso massicce campagne assunzionali; complice la pandemia, i concorsi sono stati digitalizzati e notevolmente semplificati, spesso consistendo di una prova unica. La fame di personale che nutriva molte strutture pubbliche, statali e locali, con scarsi e sovente incanutiti dipendenti, ha portato alla tenuta contestuale di concorsi, alla sovrapposizione di graduatorie dentro cui si vedevano figurare spesso le stesse persone e a un effetto di migrazione da parte di dipendenti che risultando magari vincitori in più procedure potevano scegliere la destinazione più confortevole, vicina e soprattutto economicamente appetibile. E’ accaduto quindi che un vincitore sia stato assunto da Roma Capitale, abbia prestato servizio per qualche mese e poi, magari a seguito di scorrimento di una graduatoria per un posto da funzionario in un Ministero, abbia rassegnato le dimissioni dalla Capitale e abbia optato per le funzioni centrali.

 

Roma, in questa prospettiva, paga la sua scarsa attrattività. A confermarlo, e a indicare un’ulteriore motivazione, l’RSU CISL F.P. di Roma Capitale Raffaele Paciocca che dichiara ‘l’attrattività dell’ente passa necessariamente anche per la sottoscrizione del nuovo contratto collettivo nazionale enti locali, un primo passo per riallineare la retribuzione tra comparti e superare i limiti al trattamento accessorio previsti in origine dal decreto Madia’. Infatti, a far pesare l’ago della bilancia a favore dei Ministeri, la questione, politica e sindacale, del mancato rinnovo del contratto dei Comuni, mentre quello ministeriale è stato rinnovato e ha previsto istituti premiali ulteriori, tra cui incentivazione dello smart working, maggiori risorse per i fondi decentrati e quindi per i premi di produttività, rendendo i Ministeri ancora più appetibili. CGIL e UIL, in un più esteso quadro di attrito con il governo, hanno deciso di non sottoscrivere il rinnovo di molti contratti del pubblico impiego, mentre in area ministeriale CISL Funzione Pubblica e sindacati autonomi, avendo rappresentatività sufficiente, sono riusciti a raggiungere il rinnovo. E questo aspetto ha aumentato la divaricazione tra funzioni centrali e funzioni locali, su cui lo stesso Ministro per la P.A., Paolo Zangrillo, annuncia iniziative a fini di mitigazione.

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