
Addio a Papa Francesco
Nuova vita alla Dolce vita. Da Milei alla delegazione di Duda, sono tutti in via Veneto
I funerali di Papa Francesco riempiono la via (ormai morta) della Dolce Vita. Dal presidente argentino all'InterContinental ai polacchi poco più in là. I manager degli alberghi confermano: "Boom di richieste dalle ambasciate"
Da Grace Kelly al Grand Hotel a Javier Milei all’InterContinental. Il funerale del Pontefice, Papa Francesco I, ha portato una nuova vita alla dolce vita. Ha restituito nuova linfa a via Veneto che da anni, anzi decenni, è piuttosto l’arteria dell’oltretomba.
La via che collega piazza Barberini a porta Pinciana, dopotutto, è giusto in occasioni come questa – l'estremo onore a un pontefice – che si ripopola. Se non altro per qualche ora. E così avviene il passaggio da Ava Gardner quasi nuda alla scorta del presidente polacco, Andrzej Duda, troppo vestita. Dalle risse col trucco ai protocolli di sicurezza.
Roma è senza Papa. E le ambasciate contattano, con veemenza, i capi ricevimento. Roma si “hotellizza”, come nel romanzo di Guido Morselli, e le delegazioni dei capi di stato sono attese, con trepidazione, tra l’Excelsior il Grand Hotel Palace e il Baglioni Hotel Regina. Di sicuro, per ora, c’è che Javier Milei, il presidente dell’Argentina, pernotterà all’InterContinental Rome Ambasciatori Palace. Dormirà e mangerà nel palazzo neorinascimentale, costruito da Carlo Busiri Vici, dove già due altre volte era stato ospite l’anno scorso per incontrare l’amica, e omologa, Giorgia Meloni. E dove un cuoco sudamericano ha saputo esaudirne le papille venute “dalla fine del mondo" (Milei è invero di palato semplice, raccontano; non così Kamala Harris che, quand’era vicepresidente degli Stati Uniti, chiedeva nello stesso albergo la supervisione in cucina di un collaboratore).
In questi giorni di raccoglimento devoto e istituzionale, quindi, la via che fu di Elizabeth Taylor e Burt Lancaster, il salotto a cielo aperto di Eugenio Scalfari e Alberto Moravia, riconquista una sua nuova, per quanto fugace, utenza internazionale. Un suo rinnovato, per quanto istituzionale, star system. Anche perché se il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, dovesse pernottare a Roma, sarebbe anch’egli – come da protocollo, e com’è stato per il suo vice J. D. Vance – ospite di Villa Taverna, residenza pariolina dell’ambasciata americana. La quale è a sua volta in via Vittorio Veneto 121. Così, la via alberata che nel corso degli anni, anzi decenni, si era trasformata nel dormitorio per turisti abbienti (e un po’ insignificanti), perlopiù statunitensi, britannici, sudamericani, vive domani e dopodomani la sua piccola parentesi di rigoglio.
“E’ stato un fulmine a ciel sereno”, dice al Foglio il general manager di InterContinental Simone Farci. Che poi aggiunge: “L’alta stagione sta iniziando e siamo in un periodo di ponti, tra il 25 aprile e il primo maggio. Il funerale del Pontefice ha stravolto i piani. Il 95 per cento delle richieste, adesso, sono di guardie del corpo e delegazioni, molte del vicino e medio oriente. Il che comporta iter particolari, protocolli di sicurezza da seguire, stanze da bonificare e ribonificare, attenzione al cibo e alle richieste degli ospiti”. “E’ tutto in divenire”, dice ancora il titolare dell’Hotel Bernini-Bristol Bernabò Bocca, in piazza Barberini, che conferma la “tempesta” di telefonate dalle ambasciate per le delegazioni dei paesi invitati. Il Vaticano ha mandato infatti gli inviti a 170 delegazioni, trasmessi poi al cerimoniale degli Esteri che in queste ore – fino alle 13.30 di oggi – raccoglierà gli accrediti. Fintanto che il fermento in via Veneto cresce.
Da un altro felliniano cinque stelle – un albergo che ospiterà piccole delegazioni, ossia gruppi per un massimo di sei camere – raccontano che in queste ore le richieste sono aumentate vertiginosamente. La notte del 25 aprile, in tutta Roma, l’impennata di prenotazioni è del 28 per cento. In zona San Pietro arriva a un più 50 per cento. In via Veneto, invece, i numeri sono alti ma imprecisi, per ora. Giacché qui più che i numeri contano i nomi. Talvolta impronunciabili come quelli della delegazione polacca che – confermano – pernotterà in uno di questi hotel.