Guerra e sanzioni mostrano i limiti dell'industria militare russa
La vendita di armamenti all’estero è un elemento centrale della politica russa. Ma con tutti i difetti che stanno evidenziando sarà difficile per loro continuare ad avere un mercato
Le immagini che arrivano dalla guerra in Ucraina hanno squarciato la mistica di potenza che accompagnava le forze armate della Russia di Vladimir Putin. Tra mezzi impantanati, carri armati ridotti in cenere o trainati dai trattori ucraini, elicotteri abbattuti e la mancata conquista della supremazia aerea il racconto dell’armata russa non sarà più lo stesso. Di quel racconto è rimasta solo la capacità distruttiva della violenza contro i civili. Ma la percezione della potenza militare russa non aveva solo uno scopo di deterrenza nei confronti dei nemici. La vendita di armamenti all’estero è un elemento centrale della politica estera russa, un apparato militare-industriale strettamente controllato dal Cremlino che serve a portare avanti obiettivi economici e strategici. Il settore supporta le industrie nazionali, fornisce lavoro a moltissime persone e, attraverso l’esportazione in più di 45 paesi, promuove la difesa e le relazioni internazionali di Mosca.
Dai dati raccolti dall’Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma (Sipri) nel periodo 2016-2020 la Russia è il secondo esportatore mondiale di armi con il 20 per cento del totale, dopo gli Stati Uniti (37 per cento) e seguito da Francia (8,2), Germania (5,5) e Cina (5,2). Osservando i principali acquirenti si inizia a comprendere l’importanza delle relazioni che vengono costruite. Il primo cliente dell’industria militare russa è l’India (23 per cento del totale), seguito dalla Cina (18 per cento), e dall’Algeria e dall’Egitto che si contendono la terza posizione. Secondo un rapporto del Congresso statunitense di fine 2021 l’export è composto prevalentemente da mezzi corazzati, aerei ed elicotteri da trasporto e combattimento e sistemi di difesa antiaerea, tra questi sistemi ci sono anche alcune delle armi più avanzate prodotte dalla Russia. Tuttavia, il settore era declinante. A partire dal 2018 Cina, Egitto e Algeria hanno iniziato a ridurre notevolmente le importazioni di armamenti russi, solo l’India ha mantenuto la stabile la relazione.
Secondo Mauro Gilli, ricercatore associato del Politecnico di Zurigo, prima di trarre conclusioni definitive sul “danno reputazionale” dei singoli armamenti russi bisognerà quantificare l’entità del supporto dell’intelligence occidentale fornita all’Ucraina. Detto questo però, ci sono delle considerazioni da fare. “I sistemi di comunicazione e i radar russi, centrali per le difesa antiaeree, hanno dimostrato notevoli problemi. E una volta finiti nelle mani degli statunitensi perdono gran parte del loro valore operativo perché il funzionamento e i punti deboli sono stati svelati”, spiega Gilli. Inoltre, a essere centrale è anche la capacità della Russia di continuare a produrre mezzi mantenendo nel tempo le forniture per la manutenzione e l’aggiornamento dei sistemi. “Nella difesa quello che si crea tra fornitore e acquirente è un patto di dipendenza, ma adesso la Russia dovrà dare la priorità al rifornimento dei propri arsenali e non è chiaro quanto e come riusciranno a farlo, tra crollo dell’economia e sanzioni che compromettono l’accesso alla componentistica high-tech”, conclude Gilli.
L’industria della difesa infatti è più interconnessa di quanto si pensi, e spesso nelle armi comprate dall’amico trovi componenti del nemico, perciò la capacità russa di continuare a onorare contratti significativi è ora fortemente in discussione. Nel contesto che sta prendendo forma la Russia diventa un fornitore appetibile solo se sei un nemico giurato degli Stati Uniti e quindi non hai accesso alle forniture degli suoi alleati (come Francia, Germania, Regno Unito, Italia), ma questo non è il caso dell’India – ormai il paese più corteggiato dell’Occidente dall’Atlantico all’Indo-Pacifico – né dell’Egitto e neanche dell’Algeria. Mentre per la Cina diventerà imperativo proseguire nella strada dello sviluppo di armamenti propri, puntando a un’autosufficienza. Per la Russia è un problema strategico ed economico.