lo stato della guerra
Gli orrori dei russi nelle zone liberate non sono finiti
A Izyum, una delle città riconquistate, dove è in visita il presidente Zelensky, è stata trovata una fossa comune con 440 morti. Ma il conflitto non si ferma e l'esercito invasore bombarda una diga per rappresaglia
Ieri è partito il primo treno da Kharkiv a Balakliya, nella zona liberata dai russi dalla controffensiva ucraina. In una settimana, i dipendenti delle ferrovie, l’ormai celebre Ukrzaliznytsia, hanno sminato e ricostruito i ponti e i binari, con enormi difficoltà hanno detto, ma con grande efficacia. L’arrivo del primo treno dopo sei mesi è stato accolto con quella sorpresa gioiosa e commovente che abbiamo visto in questi giorni nelle aree liberate: sorrisi misti alle lacrime, gratitudine, tantissime domande perché qui il mondo si è fermato quasi duecento giorni fa, poi c’è stato solo quello che vogliono dire e far sapere i russi.
Ora si faranno i conti dell’orrore delle forze di Mosca, i segni sono ovunque, ma quando si scava se ne trovano altri, centinaia d’altri: distruzione, torture, saccheggi, silenzio. Dopo lo sconvolgimento di Bucha e Irpin siamo pronti a tutto. Il presidente Volodymyr Zelensky, in visita a Izyum, un’altra città liberata, ha detto che sa già cosa i suoi uomini si troveranno davanti nelle città liberate. Poche ore dopo, a dimostrazione di ciò, le autorità ucraine hanno comunicato di aver ritrovato una fossa comune contenente 440 cadaveri. La sistematicità dei crimini commessi dagli uomini di Putin è perciò acclarata, ma ogni crimine ha bisogno della sua giustizia. Anche perché non è finita.
Mentre partiva il treno della liberazione, ci arrivavano le immagini della diga colpita da dodici missili russi a Kryvyi Rih, la città più grande dell’Ucraina centrale (e città natale di Zelensky).
Il bombardamento ha colpito una stazione di pompaggio dell’acqua nel bacino idrico di Karachunivske, il fiume Inhulets si è riempito e la forza dell’acqua ha distrutto la diga, inondando tutta la zona attorno.
La Russia bombarda deliberatamente le infrastrutture ucraine e i civili ucraini, l’inondazione in particolare serve a rallentare ogni genere di spostamento: molti hanno ricordato che nel 1941 Stalin, per fermare i nazisti, distrusse una diga a Zaporizhzhia che causò l’esplosione di una stazione idroelettrica – non avvisò le autorità locali, morirono migliaia di ucraini.
A fine febbraio, le forze ucraine distrussero una diga sul fiume Irpin, alle porte di Kyiv, per fermare l’avanzata dei mezzi russi verso la capitale: fu uno dei primi atti estremi e salvifici dell’esercito ucraino. I cittadini delle zone che erano rimasti (molti erano scappati) furono evacuati, le attività di bonifica sono andate a rilento ma ci sono state. È la differenza tra aggredito e aggressore, tra chi ricostruisce e chi distrugge, tra un treno che parte dopo sei mesi e un’inondazione per vendetta.
Editoriali