Quante sono le probabilità che Putin scateni una guerra nucleare?
Un articolo pubblicato sul blog della Cnn a luglio 2022, stimava al 2,4 per cento le possibilità che il Cremlino utilizzi un’arma atomica tattica contro un paese Nato. Il rischio zero, anche smantellando tutti gli ordigni in circolazione, non esiste: possiamo e dobbiamo cercare di minimizzarlo, ma non possiamo illuderci di cancellarlo
L’invasione russa dell’Ucraina, e ancora di più la recente annessione da parte di Mosca di quattro oblast in seguito a referendum disconosciuti dalla comunità internazionale, ha riportato in auge la discussione circa l’eventualità di un conflitto nucleare. Eventualità che, naturalmente, non dipende solo dalla guerra in Ucraina, vista l’esistenza di altre aree di attritto tra potenze nucleari, quella tra India e Pakistan in primis, ma è innegabile che gli eventi degli ultimi mesi abbiano chiaramente aggiornato le nostre stime e le nostre paure. Certamente quelle di noi europei, visto che la stima del rischio, ossia della combinazione tra danno potenziale e sua probabilità, non è mai indipendente dal soggetto, e il pericolo che percepiamo come vicino fa sempre più paura (si pensi a un terremoto nella nostra città rispetto a un terremoto in Antartide).
Fin dall’invenzione della bomba atomica e dal suo utilizzo in Giappone durante la Seconda guerra mondiale da parte dell’esercito statunitense, quello di un olocausto nucleare ha rappresentato uno dei più grandi incubi dell’umanità. Incubo ben presente nella mente di chi ha vissuto i tempi della Guerra fredda. Durante la crisi dei missili di Cuba del 1962, alcuni analisti arrivarono a stimare una probabilità di conflitto atomico imminente molto vicina al 50 per cento, quasi pari al lancio di una moneta per giocare a testa o croce.
Nel 2008, l’Istituto per il futuro dell’umanità dell’Università di Oxford organizzò una conferenza scientifica sui rischi globali. Fu chiesto ai partecipanti, esperti e ricercatori di vari ambiti disciplinari, di stimare la probabilità di accadimento di alcuni eventi potenzialmente catastrofici per l’umanità entro il 2100. Le varie stime vennero raccolte e si elaborò quindi la stima mediana per le diverse tipologie di rischio. Parlando di guerre, la probabilità mediana che almeno un milione di persone muoia in guerre (incluse le civili) entro il 2100 fu stimata pari al 98 per cento. La probabilità che almeno un miliardo di persone muoia fu invece data al 30 per cento. E un poco rassicurante 4 per cento fu la probabilità assegnata all’estinzione umana a causa di una o più guerre. Fu poi chiesto di considerare esclusivamente guerre nucleari, e in tal caso le probabilità furono del 30 per cento per almeno un milione di morti, 10 per cento per almeno un miliardo e 1 per cento per la totale estinzione umana.
Dal punto di vista tecnico, stimare la probabilità di un conflitto nucleare è qualcosa di molto difficile, in quanto si tratta di analizzare un evento cosiddetto singolo, per il quale non disponiamo di dati storici, e che quindi rende l’uso di talune definizioni di probabilità, come quella frequentista, impossibile. Dopo lo sgancio di Fat Man su Nagasaki, non abbiamo fortunatamente più osservato l’utilizzo di ordigni nucleari in un conflitto armato, quindi ci risulta impossibile calcolare la frequenza empirica di un tale evento, quale approsimazione della probabilità teorica dello stesso. Gli analisti, in modo più o meno cosciente, devono così ricorrere ad approcci di stima di stampo soggettivista, facendo ipotesi che solo parzialmente possono fondarsi sui dati, e che più spesso fanno affidamento sulle opinioni di esperti di strategia militare, sicurezza e psicologia. Questo rende ogni stima più suscettibile di critica e riformulazione.
In un articolo pubblicato sul blog della Cnn nel luglio 2022, Scoblic (New America) e Mandel (York University) hanno stimato pari al 2,4 per cento la probabilità che Putin utilizzi un’arma nucleare tattica contro una città di un paese Nato. Tale stima viene ottenuta moltiplicando tre diverse probabilità condizionate: quella che la Nato entri ufficialmente in guerra in Ucraina (5 per cento), quella che la Russia usi un’arma nucleare contro la Nato in un conflitto diretto (95 per cento), quella che la guerra esca dai confini ucraini (50 per cento). Tali numeri sono il risultato di assunzioni in gran parte condivisibili, ma che un approccio anche solo leggermente diverso al rischio potrebbe facilmente aumentare o diminuire. Chi scrive, ad esempio, prendendo per buono il ragionamento di Scoblic e Mandel, ma stimando come più probabile un intervento diretto della Nato, è più propenso a credere a una probabilità nell’intorno del 5 per cento, per un attacco nucleare a un paese Nato nei prossimi mesi; probabilità che facilmente salirebbe se l’attacco dovesse rimanere sul territorio ucraino. E questo senza contare una fondamentale differenza coi tempi della Guerra fredda: oggi Putin racchiude in sé un maggior potere, e siamo tutti più soggetti al volere e alla psicologia di un singolo soggetto, senza grandi apparati e strutture di controllo. Questo semplifica la cosidetta individuazione della sorgente di rischio, ma rende anche tale sorgente ben più problematica da gestire. Intorno all’1 e al 2 per cento sono poi le probabilità che altri studiosi attribuiscono a eventi quali un attacco nucleare russo su Londra entro febbraio 2023, o su una qualche città statunitense.
Insomma, il rischio di un conflitto nucleare pare essere a un nuovo picco, dopo anni di relativa tranquillità percepita (e si sottolinei percepita). Se i numeri sopra esposti siano grandi o piccoli, è qualcosa di soggettivo, e dipende dalla propensione al rischio di ciascuno di noi, anche vista la posta in gioco. C’è solo da sperare che, come in seguito alla crisi cubana, le stime si abbattano nei prossimi mesi: il rischio di un conflitto atomico è invero di natura antropica, e la paura può giocare un ruolo fondamentale nella gestione di simili rischi. Si noti però che quello di un conflitto nucleare è come molti altri rischi difficilmente annullabile una volta creato. Possiamo e dobbiamo cercare di minimizzarlo, ma non possiamo illuderci di cancellarlo. Infatti, al fine di annullare completamente un simile rischio non basterebbe smantellare tutti gli ordigni in circolazione. Il know how infatti resterebbe, e nessuno potrebbe garantire che un qualche folle non rinizi l’escalation, per quanto si tratterebbe comunque di una situazione preferibile a quella odierna.