verdetto internazionale
Il mandato d'arresto contro Putin è un segnale anche per i nostri sedicenti pacifisti
Ancor prima della sentenza dei giudici dell'Aia e della sottrazione dei bambini ucraini si chiedeva già che le istituzioni si attivassero per stabilire le responsabilità del presidente russo per i suoi crimini di guerra. Un messaggio per chi è contrario all'invio di armi
Un anno fa, il 21 marzo 2022, il Foglio pubblicava un mio articolo a cui aveva dato il titolo “Una legge internazionale e un tribunale speciale per Putin”. La settimana precedente la stragrande maggioranza dell’Assemblea generale dell’Onu aveva riconosciuto che l’invasione di Putin dell’Ucraina manca di qualsiasi giustificazione legale, è un atto di aggressione in violazione dello statuto dell’Onu. Gli Stati, ma anche gli individui, possono portare la Russia a Strasburgo di fronte alla Echr; la International Criminal Court (Icc) dell’Aia può perseguire e punire i casi di genocidio, crimini di guerra, crimini contro l’umanità. Carla Del Ponte, la ex pg svizzera che aveva incriminato Milosevic e Karadzic, sperava di poter presto ottenere dai giudici il mandato di arresto per Putin, che così non sarebbe più potuto uscire dalla Russia.
Esistevano già istituzioni che possono stabilire le responsabilità di Putin e dei suoi generali per violazione dei diritti umani, per crimini di guerra o crimini contro l’umanità, e da più parti già si premeva perché venissero attivate.
Ma c’era una lacuna giuridica, ed è questa che Murray Hunt, l’autore della proposta su Project Syndicate, voleva colmare: mancava infatti un meccanismo specifico che sanzionasse l’aggressione a uno stato. Di qui la proposta che illustravo nel mio articolo: istituire un tribunale, da parte di una coalizione dei volonterosi, magari su raccomandazione dell’Assemblea generale dell’Onu. L’aggressione è già riconosciuta come un crimine internazionale: non si trattava quindi di imporre una nuova norma, ma di costruire il meccanismo che consentisse di punirlo specificamente.
Non ce n’è stato bisogno: è Putin stesso che vi ha provveduto, iniziando a sottrarre sistematicamente bambini ucraini dal loro paese per dar loro nuove famiglie e nuove identità russe, e così distruggere la nazione ucraina un bambino per volta. Secondo quanto definito dalla Convenzione sul genocidio del 1948, il trasferimento forzato di una popolazione costituisce genocidio, quindi è un crimine contro l’umanità. A Strasburgo c’è la Echr (European Court of Human Rights), a cui possono rivolgersi stati ma anche individui. All’Aia la International Criminal Court (Icc) può perseguire e punire casi di genocidio, crimini di guerra, crimini contro l’umanità. Ed è quello che è avvenuto: i giudici dell’Aia hanno emesso un mandato di cattura internazionale contro Putin, che è ora ufficialmente ricercato con l’accusa di crimini di guerra per avere deportato bambini e adolescenti ucraini in Russia. Incriminata è pure Marija L’vova-Belova, presidentessa della commissione per i diritti dell’infanzia (sarà pure un’aggravante!) che avrebbe inventato e attuato questo piano pedagogico diabolico per colpire i bambini ucraini e inevitabilmente i loro genitori.
“La giustizia dovrà fare il suo corso”. Vale anche qui, il percorso alla condanna esecutiva sarà ancora lungo, oltretutto arrestare il capo di una potenza nucleare non sarà senza problemi. Ma ci sono cose per cui basta e avanza quanto è reso ufficialmente noto. Basta e avanza per non riuscire a trattenere le lacrime pensando alle sofferenze inflitte a giovani e adolescenti strappati alle loro famiglie; basta e avanza per chiedersi come cresceranno obbligati a usare una lingua diversa dalla loro, a rispondere a un nome diverso dal loro.
Dovrebbe bastare a quanti, qui da noi, vogliono che agli ucraini non vengano consegnate armi che consentano loro di difendersi, e di respingere fuori dai propri confini coloro che hanno invaso il loro paese: armandoli, dicono, si alimenta la guerra. Dovrebbe bastare perché prendano coscienza che così stanno chiedendo che siano lasciati in pace i rapitori mentre strappano i figli alle loro famiglie. Vi sono, tra questi sedicenti pacifisti, persone che si dicono animate da sentimenti religiosi per cui la pace è un bene superiore, e sacro il legame famigliare. Religioso sarebbe correre a proteggere quei giovani, e ad aiutare, foss’anche con le nude mani, coloro a cui viene divelto il futuro. Da adesso non c’è più ambiguità o ipocrisia dietro cui nascondersi.
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