Svelato il mistero del déjà vu, è un 'antivirus' del cervello
Milano, 17 ago. (AdnKronos Salute) - Arriva all'improvviso e stupisce ogni volta: la netta sensazione, inspiegabile e anche un po' inquietante, di aver già vissuto quello stesso identico momento. Sul fenomeno del 'déjà vu' si sono interrogate generazioni di esperti della mente e l'ipotesi più accreditata, almeno finora, è che si tratti di un falso ricordo. Un inganno dei neuroni. Secondo un nuovo studio, però, questa spiegazione è sbagliata. Quella giusta sarebbe un'altra: il déjà vu è segno che il cervello sta facendo un check della memoria, per controllare il proprio archivio verificando che non nasconda degli errori. Una sorta di 'antivirus' neurologico.
Milano (AdnKronos Salute) - Arriva all'improvviso e stupisce ogni volta: la netta sensazione, inspiegabile e anche un po' inquietante, di aver già vissuto quello stesso identico momento. Sul fenomeno del 'déjà vu' si sono interrogate generazioni di esperti della mente e l'ipotesi più accreditata, almeno finora, è che si tratti di un falso ricordo. Un inganno dei neuroni. Secondo un nuovo studio, però, questa spiegazione è sbagliata. Quella giusta sarebbe un'altra: il déjà vu è segno che il cervello sta facendo un check della memoria, per controllare il proprio archivio verificando che non nasconda degli errori. Una sorta di 'antivirus' neurologico.
A svelare il mistero è un lavoro firmato dal team di Akira O'Connor dell'università scozzese di St Andrews, presentato il mese scorso alla Conferenza internazionale sulla memoria di Budpest, in Ungheria, e ripreso dal 'New Scientist'. Per capire il meccanismo alla base dei déjà vu, gli scienziati l'hanno praticamente riprodotto in laboratorio attraverso un esperimento su 21 volontari sottoposti alla risonanza magnetica funzionale.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, quando la sensazione di 'già visto' si innesca non si accendono le aree cerebrali associate alla memoria, per esempio l'ippocampo, bensì le regioni frontali coinvolte nei processi decisionali. L'interpretazione di O'Connor e colleghi è che durante il déjà vu si attivano queste aree perché il cervello sta passando in rassegna i propri ricordi e inviando un segnale per indicare che ha trovato un errore: un conflitto fra ciò che abbiamo realmente vissuto e quello che invece pensiamo soltanto di aver già sperimentato. In altre parole, la sensazione che ne deriva non dovrebbe spaventare bensì rassicurarci perché è la 'spia' di un cervello performante e in salute.
Se questi risultati fossero confermati, sottolineano infatti gli autori, il déjà vu andrebbe visto come il segnale che il sistema di controllo della memoria sta lavorando bene e che è meno probabile incappare in falsi ricordi. Non a caso il fenomeno viene riferito più frequentemente dai giovani, mentre si affievolisce in età più anziana quando le capacità mnemoniche si riducono. Andando avanti negli anni, precisa O'Connor, "può darsi che i sistemi di controllo peggiorino e che il cervello diventi meno capace di individuare un ricordo sbagliato".
I ricercatori tengono tuttavia a puntualizzare che queste conclusioni non dovrebbero allarmare chi un déjà vu non l'ha mai avuto: può anche essere che la sua memoria funzioni talmente bene da non aver bisogno di passare l'antivirus per ripulirla dagli errori.
Stefan Köhler, dell'università canadese del Western Ontario, evidenzia come al momento non sia possibile dire se il déjà vu sia un meccanismo vantaggioso o meno. "Potrebbe accadere che una simile esperienza renda le persone più prudenti, ossia meno propense a fidarsi ciecamente della propria memoria - osserva - Ma al momento non abbiamo alcuna prova".
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