Vaccini e polemiche
"Due o tre cose che continuate a non vedere nel mio libro". Ci scrive Giulia Innocenzi
Al direttore - Ti scrivo dopo aver letto l’articolo a firma di Andrea Grignolio Tutti i problemi giornalistici e scientifici sui vaccini di Giulia Innocenzi, visto che anch’io ho riscontrato diversi “problemi” nella sua recensione. Il professor Grignolio elenca una serie di critiche. La prima è che nel mio libro Vacci-nazione avrei descritto “diverse storie, compresa quella del pianto dell’autrice, sui figli di genitori che li ritengono danneggiati o deceduti a causa dei vaccini”. Qui il professore scrive un’inesattezza. Io ho raccontato soltanto le storie di chi è stato riconosciuto come danneggiato da vaccino ai sensi della legge 210 del 1992. E sì, ho scritto che dopo aver conosciuto il papà di Giada Varani, che mi ha raccontato la storia di sua figlia, danneggiata da vaccino (e indennizzata ai sensi della legge), deceduta poi all’età di dodici anni, ho pianto. Secondo Grignolio il racconto della mia reazione sarebbe un “espediente retorico [che] consiste nell’usare strumenti emotivi”. Secondo me significa invece restare umani e non avere timore nel raccontarlo.Andrea Grignolio continua poi dicendo che nel libro cito “una serie di cifre confuse sugli introiti delle case farmaceutiche sui vaccini facendo credere che si tratti di un ambito rigoglioso, ma anche ciò non è affatto vero, tanto che negli ultimi anni molte hanno abbandonato la ricerca”. E’ così? Basta leggere l’approfondita indagine realizzata nel 2015 dall’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato per scoprire che quello dei vaccini è un mercato “oligopolistico” e che le stime per il 2020 prevedono in crescita fino a superare i 35 miliardi di fatturato. La redditività del settore vaccinale è addirittura superiore a quella dell’industria farmaceutica: le ultime stime dicono che il margine operativo netto dei prodotti vaccinali raggiungerebbe il 30 per cento, a fronte di un margine medio dell’industria farmaceutica del 21 per cento.
Andrea Grignolio nella sua recensione non scrive che il suo libro Chi ha paura dei vaccini? è una delle numerose autorevoli fonti che ho utilizzato per la stesura di Vacci-nazione (immagino non si riferisse alla sua opera quando scrive che il mio “non è giornalismo d’inchiesta, semmai […] è fare ricerche su Google anziché studiare su testi veri e valutare le fonti”). Dal suo libro avevo estrapolato la seguente frase: “Il saldo netto tra ricerca, produzione e vendita sui vaccini è così trascurabile che molte multinazionali del farmaco stanno abbandonando il settore perché poco redditizio”. L’indagine dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, e gli stessi bilanci delle case farmaceutiche che operano nel settore, dimostrano l’esatto contrario.
Infine, il professore mi accusa di aver dato voce anche “a consulenti tecnici di sentenze poi ribaltate”. Quali, di grazia? L’unica consulenza tecnica che cito nel libro è quella del Tribunale del lavoro di Milano, che in primo grado ha condannato il ministero della Salute a versare un assegno a un bambino affetto da autismo a cui era stato fatto il vaccino. La causa di secondo grado è ancora in corso, e infatti nel libro scrivo che “non sappiamo ancora se in secondo grado il verdetto verrà ribaltato”, ma citando altre sentenze, lo ritengo probabile. Dubitando che Grignolio abbia la sfera di cristallo per predire il futuro, è più plausibile che si sia semplicemente confuso.
Nelle conclusioni Grignolio derubrica il mio libro a un “rimestare nella zona grigia, fiutare l’argomento e l’aria che tira”. E’ semmai l’esatto contrario: sapevo bene che fare un libro inchiesta sulla politica sanitaria e gli eventuali conflitti di interesse delle persone che decidono sui vaccini sarebbe stata un’impresa ardua, perché attorno all’argomento si sono creati due fronti e temevo che sarei stata automaticamente inserita in quello no-vax. Mi fa sorridere che il professore dica che nel mio libro c’è “un numero di errori e inesattezze imbarazzante”. Al di là di aver definito il Tamiflu un vaccino, la diatriba sui refusi nel mio libro parte da un errore presente in un documento ufficiale, che io ho riportato pedissequamente. Si tratta della Dichiarazione di interessi di Walter Ricciardi, depositata presso la Commissione europea, dove risulta che dal 2007 al 2012 ha fatto da consulente per le case farmaceutiche su quindici prodotti fra vaccini e farmaci. Anche su quei vaccini su cui poi si è trovato a decidere in qualità di presidente dell’Istituto superiore di sanità, sia nell’ambito del piano vaccinale, sia nella legge che ha reso obbligatori dieci vaccini. In quella lista Ricciardi aveva erroneamente chiamato tutti e quindici i prodotti “vaccini”, quando di quelli sei lo sono e i restanti no. Lo stesso Ricciardi ha definito l’errore, proprio rispondendo alle domande di Luciano Capone sulle colonne del Foglio, nell’ordine, “una colossale sciocchezza, una balla, una stupidaggine”. Peccato che si sia dimenticato di aggiungere che quell’errore lo aveva commesso lui per primo, che io ho riportato senza correggere, e per ben due anni consecutivi: sia nella Dichiarazione del 2013 che in quella del 2014. Ritengo però molto più interessante la questione dei presunti conflitti di interesse. Che emerge anche per la sua collaborazione con due riviste di una società di lobbying del settore farmaceutico, la Altis OPS, che è andata avanti anche durante il primo anno in cui era a capo dell’Istituto superiore di sanità. Anche di queste collaborazioni, come di quelle con le case farmaceutiche, sul curriculum del presidente pubblicato sul sito dell’Istituto superiore di sanità nella sezione trasparenza non c’è traccia, ed emergono per la prima volta con il mio libro. Sui suoi presunti conflitti di interesse raccontati in Vacci-nazione sono partite ben tre interrogazioni parlamentari urgenti, due a firma Paola Taverna e Nerina Dirindin, e una del parlamentare europeo Piernicola Pedicini. E ripeto, mi fa sorridere come anche nella recensione del mio libro a cura del professor Grignolio, come nei numerosi post che mi ha dedicato il professor Burioni, dei presunti conflitti di interesse, e dell’annosa questione dell’autonomia della scienza e dei decisori pubblici dagli interessi commerciali delle case farmaceutiche, non c’è traccia.