La nuova legge sull'obbligo vaccinale funziona, ma da sola non basta
Le regole non sono sempre indispensabili per indurre i genitori a un comportamento responsabile, ma l'obbligo ha invertito una tendenza che poteva degenerare. Ora continuiamo con l'informazione
Lo scorso 18 febbraio la rivista Nature ha pubblicato un editoriale nel quale si parla della nuova legge che, in Francia, dal primo gennaio rende obbligatorie undici vaccinazioni. Nell’articolo – ampiamente strumentalizzato nel dibattito pre-elettorale che vede incredibilmente le vaccinazioni tra i temi politici sul tappeto – si sostiene che l’obbligo non è l’unico modo per migliorare le coperture vaccinali e si teme un possibile effetto “contraccolpo” che potrebbe avere effetti negativi.
Che l’obbligo non sia l’unico modo per avere alte coperture vaccinali è scontato. In Svezia non c’è nessun obbligo, però le coperture sono superiori al 98 per cento dimostrando che le leggi non sono indispensabili per indurre i genitori a un comportamento responsabile. In questo caso però non tutto il mondo è paese: per un vaccino come quello contro il morbillo – importantissimo ma un tempo non obbligatorio – in Italia la copertura è scesa negli anni fino a quasi l’85 per cento (la più bassa del’Ocse) e ha reso possibile nel 2017 un’epidemia che non ha pari tra i paesi avanzati, con 5.000 ammalati e 4 morti. Nello stesso periodo in Svezia (con una popolazione che è circa un sesto di quella italiana) ci sono stati solo 41 casi. Non solo: 11 di questi casi svedesi erano importati (ovvero erano pazienti che si erano infettati mentre si trovavano in altri paesi a rischio, come l’Italia) e mentre in condizioni “naturali” un ammalato di morbillo ne contagia altri 18, in Svezia ne ha contagiati solo tre e poi la diffusione si è fermata. Questo dimostra anche ai più scettici l’efficacia e l’importanza per la comunità dell’immunità di gregge.
C’è di più: in Italia è stato condotto un interessante esperimento dalla Regione Veneto, che nel 2006 ha sospeso l’obbligatorietà per i quattro vaccini allora obbligatori (contro tetano, difterite, epatite B e poliomielite) e ha investito in campagne informative volte a sensibilizzare i cittadini e a promuovere le vaccinazioni. Nel periodo 2006-2016, mentre la copertura vaccinale calava in Italia in media del 3,2 per cento, in Veneto la diminuzione era ben più alta: il 5 per cento. Ovviamente questi dati non hanno la forza di una dimostrazione scientifica; però devono fare riflettere, soprattutto se considerati insieme ai primi numeri che iniziano a provenire da alcune regioni e che registrano un’impennata delle vaccinazioni nei mesi successivi all’introduzione dell’obbligo, segnando una nettissima inversione di tendenza. Certo, bisogna essere cauti: le motivazioni alla base dell’impennata della copertura vaccinale possono essere diverse, e tra esse possiamo certamente annoverare, dopo anni di inerzia da parte di chi per mestiere doveva diffondere corretta informazione, la comparsa di campagne informative finalmente efficaci sulla rete, così come il risveglio dell’Ordine dei medici che ha – seppur sporadicamente e tardivamente – cominciato a prendere provvedimenti severi contro i medici “antivaccinisti” e infine, più in generale, un cambiamento dell’opinione pubblica, meno propensa a tollerare i ciarlatani. Però esiste la possibilità che questa legge abbia dato un contributo notevole a invertire una tendenza che – perdurando – avrebbe creato le condizioni non solo per nuove epidemie di morbillo, ma anche per la ricomparsa di malattie scomparse da tempo (come la polio e la difterite) che non vogliamo rivedere.
Insomma, il clima sembra cambiato (in meglio) e la nuova legge sull’obbligo vaccinale sembra funzionare. Naturalmente non dobbiamo smettere di informare e di convincere, perché il fine ultimo deve essere il diventare una nazione virtuosa come la Svezia, dove l’obbligo non c’è perché non è necessario e quei pochi fanatici che non vaccinano i figli sono comunque protetti dall’immunità di gregge. Stiamo camminando nella giusta direzione, l’importante e non fermarsi.