Per il consiglio superiore di Sanità l'erba legale potrebbe essere pericolosa
Mentre si moltiplicano i negozi e le coltivazioni di marijuana a basso contenuto di Thc, il Css si esprime contro la vendita. Ora il ministero dovrà decidere come intervenire
"Potenzialmente pericolosa per la salute". E' questo quello che ha scritto della cannabis light il consiglio superiore di Sanità (Css) in un parere consultivo inviato al ministero della Salute, in cui auspica che "siano attivate, nell’interesse della salute individuale e pubblica e in applicazione del principio di precauzione, misure atte a non consentire la libera vendita dei suddetti prodotti". Il parere era stato richiesto a febbraio dal segretariato generale del ministero della Salute, quando a capo del dicastero c'era ancora Beatrice Lorenzin. Ora il nuovo ministro Giulia Grillo sarà chiamata a esprimersi sulla questione decidendo se sospendere o meno la vendita della cannabis a basso contenuto di Thc. Grillo ha fatto sapere di aver "investito della questione l'Avvocatura generale dello Stato per un parere, anche sulla base di elementi da raccogliere dalle altre amministrazioni competenti". "Non appena riceverò tali indicazioni – ha detto Grillo – assumerò le decisioni necessarie, d'intesa con gli altri ministri".
La cannabis light ha ricevuto ufficiale autorizzazione alla produzione e al commercio il 22 maggio scorso, quando una circolare del ministero dell'Agricoltura ne ha chiarito modalità e regole. La legge che ne autorizzava la vendita era stata approvata nel 2016 ed è poi entrata in vigore a gennaio 2018. Secondo la norma, per essere considerata legale la marijuana venuta per il consumo deve avere una quantità di Thc inferiore allo 0,2 per cento e le piante devono fare parte del Registro europeo delle sementi coltivabili. Due elementi che permetto a chiunque di poter iniziare la semina senza richiedere alcuna autorizzazione. In caso di controlli successivi, la concentrazione di Thc può arrivare fino al 6 per cento senza causare problemi all'agricoltore.
In un anno e mezzo, da quando cioè è entrata in vigore la legge, il giro d'affari legato all'erba legale è stato stimato in 40 milioni di euro e gli esercizi commerciali nati per venderla erano oltre 400 alla fine del 2017, un dato superato dalle nuove recenti aperture. Una ricerca di Coldiretti sostiene che in cinque anni (2013-2018) i terreni usati per coltivare cannabis sativa sono passati da 400 ettari a 4.000, trainati soprattutto dalla possibilità di vendere piante, fiori e semi, ma anche dagli altri usi commerciali (alimentare, cosmetico, tessile). Secondo Luca Marola, uno dei fondatori di EasyJoint, il marchio italiano che detiene l'85 per cento del mercato nazionale, "è normale che il consiglio superiore di Sanità ponga dubbi. Servono studi, approfondimenti, è legittimo che si prendano tutte le precauzioni del caso. Ben vengano queste stimolazioni istituzionali per regolamentare il mercato".
L'esito delle valutazioni del ministero della Salute potrebbe andare a questo punto verso una regolamentazione più stringente delle vendite, specialmente in riferimento ad alcuni soggetti potenzialmente più sensibili di altri agli effetti. Come scrive il Css nel suo parere: "Non appare in particolare che sia stato valutato il rischio al consumo di tali prodotti in relazione a specifiche condizioni, quali ad esempio età, presenza di patologie concomitanti, stati di gravidanza/allattamento, interazioni con farmaci, effetti sullo stato di attenzione, così da evitare che l'assunzione inconsapevolmente percepita come 'sicura' e 'priva di effetti collaterali' si traduca in un danno per se stessi o per altri (feto, neonato, guida in stato di alterazione)". Oltre al limitato contenuto di Thc, l'altro principio attivo presente nell'erba light, e prevalente, è il cannabidiolo (Cbd) che non ha effetti psicotropi ma mio-rilassanti.
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