Un nuovo caso Stamina
Il caso Palumbo è un film già visto: un malato di Sla, la cura sperimentale con le staminali, gli appelli dei vip, le donazioni, l’intervento del governo. Infine la smentita e l’imbarazzo
C’ è qualcosa che non torna nella vicenda di Paolo Palumbo, il giovane chef sardo malato di Sla che ha mobilitato l’opinione pubblica e le istituzioni con un appello e una raccolta fondi per accedere a una terapia sperimentale a base di staminali in Israele. Circa un mese fa la famiglia del giovane, assistita dal neurologo Vincenzo Mascia che ha in cura il giovane, aveva annunciato l’ammissione di Paolo alla sperimentazione della società BrainStorm Cell Therapeutics, denominata NurOwn®, che si basa sulla somministrazione di cellule staminali mesenchimali. Ma l’azienda israeliana smentisce tutto e nega persino di conoscere il paziente: “BrainStorm ha contattato il paziente via posta elettronica per informarlo, che lui non è mai stato direttamente in contatto con nessuno dell’azienda BrainStorm circa il ricevimento del trattamento, e che nessuno dell’azienda gli ha mai dato l’autorizzazione verbale o scritta, per sottoporsi al trattamento in Israele o in qualsiasi altro posto – scrive la società in un comunicato in inglese e italiano – Abbiamo provato ad iniziare una conversazione direttamente con il paziente e/o la sua famiglia senza aver avuto alcun successo. Mentre abbiamo la più grande compassione per il paziente e la sua famiglia, BrainStorm non è coinvolto in questo processo”. Il comunicato della società, che non cita mai esplicitamente il nome del paziente italiano, arriva dopo che numerose organizzazioni hanno chiesto informazioni sulla terapia dopo che la famiglia Palumbo ha comunicato di aver ricevuto dall’ospedale di Gerusalemme l’accesso alla sperimentazione BrainStorm e ha avviato una raccolta fondi per recuperare 900 mila euro necessari a sostenere i costi del trattamento e della degenza.
Poco dopo il comunicato della società americana, il giovane ha rilasciato sulla sua pagina Facebook un comunicato in cui tranquillizza tutti: “Niente paura: ci è stato assicurato da Gerusalemme che l’accaduto è dovuto ad una mancata comunicazione tra le cliniche in Israele e Usa. Si tratta dunque di un semplice intoppo burocratico. Ovviamente, non poteva mancare il piccolo manipolo di soliti ignoti, ad attendere la tanto succulenta notizia che desse loro la possibilità di sfogare il proprio odio represso. Mi dispiace dover interrompere la loro mezz’ora di compiacimento: in serata abbiamo attivato i canali per chiarire il malinteso, ed a breve ci sarà una smentita!”. Palumbo ha poi anche specificato che è la Presidenza del Consiglio “a mantenere i contatti con la clinica dove mi sottoporrò alla sperimentazione”. E ha aggiunto: “Solo uno sciocco si sarebbe esposto come ho fatto io, se non fosse stato sicuro di ciò che diceva. Ho 21 anni: voglio solo salvarmi la vita”. Fonti di Palazzo Chigi spiegano che “la Presidenza ha soltanto favorito i contatti tra la struttura medica in Israele e il neurologo che segue Paolo, rispondendo alla richiesta della famiglia Palumbo”.
La vita di un giovane malato, le aspettative di migliaia di malati e tanti cittadini che hanno donato 200 mila euro non si sa ancora per cosa
La storia di Paolo Palumbo è diventata molto popolare negli ultimi mesi, soprattutto in seguito al suo sciopero della fame portato avanti per sensibilizzare l’opinione pubblica sui problemi delle persone malate di Sla e per convincere le istituzioni a tentare di introdurre in Italia la sperimentazione di questa terapia, al momento attiva solo negli Stati Uniti e Israele. Da qui è partita una gara di solidarietà, che ha visto partecipi il mondo dell’informazione, dello sport e dello spettacolo: hanno rilanciato il suo appello le Iene (già protagoniste del caso Stamina), Massimo Giletti, il presidente del Torino Urbano Cairo e tanti calciatori, imprenditori, comici, artisti e chef famosi, che con i loro appelli e donazioni hanno consentito di raccogliere circa 200 mila euro su 900 mila per il trattamento. Sull’onda degli appelli è intervenuto anche il mondo della politica, con messaggi di solidarietà, e delle istituzioni. Alla situazione del giovane e all’accesso alla terapia sperimentale si sono interessati il ministro della Salute Giulia Grillo, che “segue personalmente la vicenda”, e il presidente del Consiglio Giuseppe Conte (in passato avvocato delle famiglie che volevano sottoporsi al cosiddetto “metodo Stamina”).
L’azienda americana BrainStorm nega di avere dato a Palumbo l’autorizzazione per ricevere il trattamento
Il problema è che, a pochi giorni dalla partenza, BrainStorm sembra negare in maniera categorica il coinvolgimento di “un paziente italiano” nel suo programma di sperimentazione: “Il paziente sopraindicato non è uno dei cinque pazienti internazionali che sta ricevendo il trattamento tramite il Protocollo di esenzione ospedaliera” in Israele. E il giallo riguarda anche la struttura ospedaliera in cui avviene questa prova clinica. La terapia NurOwn® ha già superato la fase 1 e 2 della sperimentazione, che riguardano la sicurezza e l’efficacia su un gruppo ristretto di pazienti. E adesso dovrebbe partire la cosiddetta Fase 3 in doppio cieco e placebo controllato, che coinvolge 200 pazienti “in sei centri degli Stati Uniti, unicamente per cittadini statunitensi e canadesi”. Alla vera sperimentazione negli Stati Uniti, necessaria per dimostrare l’efficacia della terapia, se ne affianca un’altra ridotta in Israele (che è quella a cui dovrebbe partecipare il giovane chef sardo). Ed è qui che c’è un altro problema che riguarda la struttura ospedaliera in cui dovrebbe essere somministrata questa cura sperimentale. Perché la famiglia afferma che dovrebbe avvenire all’Hadassah Medical Center di Gerusalemme, mentre BrainStorm afferma che la sperimentazione è stata approvata dal ministero della Sanità israeliano al Sourasky Medical Center – Ichilov Hospital di Tel Aviv. E nell’approvazione del governo israeliano per il trattamento di soli 13 pazienti non c’è Palumbo. BrainStorm, che è una società quotata, ha effettuato queste dichiarazioni “per chiarire il fatto e sistemare la situazione pubblicamente”.
La delicata vicenda di Paolo Palumbo presenta degli aspetti davvero paradossali, a partire dal fatto che la società israeliana dica, nella dura smentita, di aver contattato la famiglia senza riuscire ad avviare un dialogo. E per finire col fatto che tutta questa procedura, che si sarebbe conclusa con l’eventuale accettazione nell’ospedale israeliano sbagliato, sia stata seguita e gestita – a quanto riferisce la famiglia Palumbo – dal governo italiano: dalla Presidenza del Consiglio e “personalmente” dal ministro della Salute Grillo. In mezzo ci sono la vita di un giovane malato, le aspettative di migliaia di malati di Sla e tanti cittadini, più o meno famosi, che hanno donato 200 mila euro non si sa ancora per cosa.