Il coronavirus tra noi. Quali sono i rischi reali
Dopo i due casi a Roma cresce la psicosi anche in Italia. Rezza (Iss): “Per quanto ne sappiamo, al momento, il contagio avviene per contatto ravvicinato e per un periodo piuttosto prolungato di tempo”
Da ieri, l'epidemia di coronavirus è ufficialmente un'emergenza sanitaria globale per l'Organizzazione mondiale della sanità e ha colpito anche in Italia. Due turisti cinesi atterrati a Malpensa il 23 gennaio sono stati ricoverati all'Istituto Spallanzani di Roma. “Il centro europeo per il controllo delle malattie ha confermato che se le persone con infezione da coronavirus vengono rapidamente identificate il rischio di contagio è da basso a molto basso”, ha detto il direttore scientifico dell'Istituto, Giuseppe Ippolito, durante la conferenza stampa per comunicare il primo bollettino sulla situazione sanitaria. E ha aggiunto che, a quanto sappiamo, “i pazienti che non presentano sintomi non hanno un ruolo vero e rilevante nella trasmissione del virus”. Allo Spallanzani, oltre i due casi risultati positivi al coronavirus, sono ricoverati “altri 12 pazienti provenienti da altre zone della Cina, sottoposti a test per la ricerca del coronavirus”. Altri 9 pazienti “sono stati isolati e poi dimessi” e ulteriori “20 soggetti asintomatici entrati in contatto con la coppia di cinesi sono in osservazione”. Infine sono stati individuati tre possibili contatti con la coppia, posti in osservazione domiciliare.
Eppure, nonostante l'evento appaia fortemente circoscritto, la sola parola “emergenza” basta per generare allarme e stati di agitazione. In realtà, come dice al Foglio Roberto Bertollini, l'ex rappresentante dell'Oms a Bruxelles e direttore scientifico dell’ufficio regionale per l’Europa, “si tratta una dichiarazione internazionale fatta a seguito di un evento epidemico straordinario che ha la possibilità di espandersi e interessare più paesi, al di là di quello d'origine: sia esso il riacutizzarsi di un'epidemia (vedi polio, tbc) o l'avvento di un nuovo germe”. La decisione di proclamare emergenza globale spetta al direttore generale dell'Oms, in base al regolamento sanitario internazionale del 2005: il Comitato internazionale per i regolamenti sanitari presso l'Oms esamina le prove di una crisi sanitaria in corso e raccomanda la dichiarazione di un'emergenza. “Nel comitato”, specifica Bertollini, “siedono esperti internazionali non solo in campo medico, poiché un'emergenza può essere anche un'esplosione atomica, o quella di un'impianto chimico”. L'Oms valuta il rischio, analizza i dati, chiarisce le caratteristiche epidemia. Ha il potere di raccomandare l'interruzione dei voli e della circolazione di merci e persone ma l'autorità finale sta al paese interessato.
Nel frattempo i più si interrogano su quanto sia rischioso trovarsi a contatto con soggetti contagiati, soprattutto se questi non mostrano sintomi. “L'incubazione sembra adesso assestarsi tra i cinque e i sei giorni”, dice al Foglio Alessandro Vespignani, direttore del Network Science Institute dell'università di Boston ed esperto di epidemiologia computazionale, che sta collaborando con l'Oms allo studio del virus. “In effetti ci sono alcuni casi di trasmissione non-sintomatica, ma è presto per dire quanto. Non è stato ancora determinato se il virus possa trasmettersi attraverso 'fomiti'”, cioè attraverso il contatto con materiale contaminato che passa dal malato al sano, infettandolo.
Insomma, non bisogna farsi prendere dalla psicosi, dice al Foglio anche Giovanni Rezza, epidemiologo e direttore del dipartimento di malattie infettive dell'Istituto superiore di Sanità, e occorre invece ricordare che “per quanto ne sappiamo, al momento, il contagio avviene per contatto ravvicinato e per un periodo piuttosto prolungato di tempo”. I coronavirus umani si trasmettono da una persona infetta a un'altra attraverso la saliva, tossendo e starnutendo. Oppure con contatti diretti tra persone, per esempio se dopo aver stretto la mano a un soggetto infetto ci si tocca le mucose.
Sempre ieri, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha annunciato la chiusura dello spazio aereo italiano ai voli da e per la Cina. “Una scelta politica sulla quale non mi sento, da medico, di dare un giudizio”, dice al Foglio Rezza. “Certo, più persone provengono dalle zone ad alto rischio è più aumenta la possibilità che l'infezione si diffonda”. Non si può escludere però, come confermano al Foglio fonti di Enac, che passeggeri possano arrivare o partire dal nostro paese utilizzando voli “indiretti”. Cioè in partenza dalla Cina o, viceversa, dall'Italia, che prevedono uno scalo in una nazione terza prima di arrivare a destinazione.
Resta inteso che i controlli sanitari negli aeroporti e l'attivazione dei protocolli di emergenza dell'Oms rendono il nostro paese perfettamente in linea con le raccomandazioni dell'agenzia delle Nazioni Unite nella prevenzione dell'epidemia. Come previsto dal regolamento sanitario internazionale del 2005, è stata rafforzata la sorveglianza dei passeggeri di voli diretti provenienti da Wuhan (attualmente non attivi) e di ogni altro volo con segnalati casi sospetti di 2019-nCoV. In particolare, sono state rafforzate le dotazioni di personale medico e infermieristico e intensificati i controlli negli aeroporti di Roma Fiumicino e Milano Malpensa. “Il chiudere i voli diretti con la Cina”, aggiunge Vespignani “è al momento una misura che rallenta l'importazione di casi. Però una parte ingente di traffico è anche via scali internazionali. Insomma le misure di travel restriction normalmente servono a comprare un po' di tempo, sperando che la situazione in Cina venga messa sotto controllo, ma hanno la vita corta se questo non succede”.
“Sappiamo benissimo”, continua Rezza, “che misurare solo la temperatura corporea può non essere sufficiente. I sintomi, così come la febbre, si potrebbero sviluppare in un momento successivo. Per questo sono stati predisposti numeri dedicati, come il 1500, che servono proprio perché, se una persona, passato il primo screening, mostrasse in seguito sintomi dell'infezione, può essere presa in carico direttamente e isolata in un reparto di malattie infettive senza passare da un pronto soccorso. L'importante è limitare i contatti tra le persone malate e quelle sane”. Quali sono, dunque, i sintomi del virus 2019-nCoV? Febbre, tosse, difficoltà respiratorie, nei casi gravi anche bronchite e polmonite. Tutti sintomi che assomigliano a quelli di una comune influenza stagionale. Solo le analisi di laboratorio possono fornire una diagnosi certa.