L'esodo verso la Sicilia mette in pericolo il sistema sanitario dell'isola
Sulla carta sono 7 mila le persone arrivate dal nord che hanno informato le autorità locali. Ma potrebbero essere molte di più e gli appelli alla responsabilità potrebbero non bastare
Palermo. La proporzione dell'esodo al contrario, da nord a sud, sta nei numeri ufficiali. In sette mila sono tornati in Sicilia. Hanno avuto almeno il buon senso di registrarsi sul portale della Regione siciliana. Così le autorità, amministrative e sanitarie, sanno da dove provengono e soprattutto che sono di nuovo in territorio siciliano. La tracciabilità è decisiva nei giorni del coronavirus. Il nodo è l'impossibilità di calcolare il numero di coloro che sono rientrati senza dire nulla per paura di finire in quarantena. Per quanto si deve moltiplicare la cifra ufficiale di sette mila persone?
Il controllo e l'auto isolamento fanno a pugni con le immagini degli affollati aperitivi nei locali siciliani che circolano sul web. A dire il vero circola anche di peggio. Ad esempio il video di due ragazze che, davanti all'ingresso di un locale notturno di Agrigento, candidamente ammettono di essere tornate da Milano e Roma e di non avere resistito alla tentazione di un drink con gli amici. È davvero così o è solo una ragazzata? Le due giovani lo dovranno spiegare ai poliziotti che le hanno convocate in questura. Comunque sia, di sicuro il loro atteggiamento fa a pugni con il buon senso, invocato come l'unico vero argine al dilagare del Covid-19.
L'assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza, non fa mistero della sua preoccupazione “per i casi positivi al coronavirus aggiuntivi che si possono determinare per l'esodo verso il sud, che è stato indotto”. Quando ancora il governo nazionale doveva dichiarare la chiusura delle zone rosse, la gente si catapultava nelle stazioni dei treni. Il governatore siciliano Nello Musumeci ha imposto la quarantena per chi viene dalle zone rosse e ha annunciato il pugno duro contro i “trasgressori”. Sono previste multe di 200 euro e l'arresto fino a tre mesi.
Codice penale alla mano l'articolo che si viola è il 650, “inosservanza dei provvedimenti dell'autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d'ordine pubblico o d'igiene”. Pene blande che forse spaventano poco. Ci vorrebbe innanzitutto buon senso, ma a mali estremi rimedi estremi. Ecco che qualche magistrato si trova costretto a ricordare che esiste un altro reato nel nostro codice penale, codificato all'articolo 438 e previsto per coloro che diffondono una malattia infettiva o contagiosa a un gran numero di persone. Si rischiano pene da fare tremare i polsi, equiparate a chi commette un omicidio.
Chi sbarca in Sicilia con qualsiasi mezzo, provenendo dalle zone rosse, ha il dovere di informare il medico di base e porsi in auto-isolamento. Musumeci lo ha ripetuto con fermezza, invocando il senso di responsabilità: “Se tutti manteniamo la calma, riusciremo a gestire e superare anche questo particolare momento”. Ciò che va evitato, a ogni costo, è mettere sotto stress una Sanità regionale che, seppure di fronte a numeri contenuti di contagio, ha già mostrato segni di sofferenza. Si lavora per aumentare i posti letto, riconvertire reparti e aprirne di nuovi per curare chi si ammalerà. Senza il buon senso il rischio è che i posti potrebbero non bastare per tutti. A Palermo come nel resto d'Italia.
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