Proteggere i fragili
“Ognuno faccia la propria parte, è presto per dire se le misure siano insufficienti”, dice il prof. Vella
Roma. Lombardia e Veneto chiedono di potere chiudere tutte le attività non essenziali, per almeno due settimane. Chiediamo al prof. Stefano Vella, ordinario di Salute Globale all’Università Cattolica del Sacro Cuore, se la richiesta sia giusta. “Teoricamente, se volessimo bloccare definitamente questa epidemia, dovremmo ‘affamare’ il virus, allontanando le persone. Per questo potrebbe anche essere più efficace ‘chiudere tutto’. Come ha fatto la Cina. Tuttavia, bisogna anche pensare che il nostro paese sta partecipando a un grande esperimento scientifico, mai provato prima in una democrazia occidentale: la possibilità di bloccare la diffusione di una epidemia attraverso misure estreme di quarantena”. Un esperimento anche sociale. “Il paese sta rispondendo: la gente ha capito la serietà della situazione e che con questi sacrifici ciascuno di noi ha la possibilità di lavorare per il bene comune, un concetto alto che sembrava perduto. La gente intuisce che i comportamenti individuali proteggono i più deboli. Comprendo la richiesta di misure ulteriori, ma occorre fare attenzione a non rompere l’equilibrio tra potenziale efficacia e reale sostenibilità di una misura estrema. Può essere pericoloso stressare troppo un sistema complesso come la società. C'è il rischio di produrre l’effetto opposto. Ed è presto per dire che quelle attuali non sono sufficienti”. Se tutti i cittadini faranno la loro parte, restando a casa se non in casi di necessità riusciremo a contenere la diffusione. Ottimista? “Vedo crescere l’orgoglio di fare la propria parte per fermare la bestia che ci ha attaccato.
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