Come “illuminare il buio” durante l'emergenza coronavirus
Per non vedenti o ipovedenti il tatto è il senso più importante. Così il centro regionale Sant'Alessio-Margherita di Savoia sta ripensando tutto per non lasciare nessuno da solo
Roma. L'emergenza comporta il divieto-dovere di non stare vicini, non toccarsi, mantenere le distanze. Che cosa succede quando il tatto diventa, tra i cinque sensi, quello più importante, come nel caso dei non vedenti o ipovedenti? Qualche anno fa questo giornale ha visitato il centro regionale Sant'Alessio-Margherita di Savoia per i ciechi, dove si cerca di “insegnare e imparare a illuminare il buio”, come raccontavano dirigenti e operatori, a proposito dei programmi di riabilitazione, assistenza allo studio, assistenza alle famiglie, terapie personalizzate e attività ricreative (oggi il Sant'Alessio, struttura di servizi alla persona, si sta trasformando in una sorta di Asl del servizio sociale).
Ma in questi giorni, per illuminare il buio, si deve ripensare tutto, racconta il direttore generale Antonio Organtini, cieco dall'età di sedici anni per un'emorragia oculare che gli ha tolto la vista, letteralmente, dalla sera alla mattina. “I ciechi vivono di contatto”, dice, “e il contatto è molto importante sia per l'incolumità di chi vive con una parziale disabilità sia dal punto di vista educativo. Un solo esempio: uno dei modi che i non vedenti usano per spostarsi è in fila indiana, tendendosi per la spalla, il primo guida tutti, ma è chiaro che ora non si può fare. In questa circostanza cerchiamo di fare il possibile per garantire la nostra presenza. Abbiamo dovuto ovviamente chiudere la parte semi-residenziale del centro quando hanno chiuso le scuole, perché non potevamo garantire la distanza di sicurezza per le 28 persone che lo frequentavano e per gli operatori, e questo per alcune famiglie di non vedenti con deficit intellettivo è un problema”.
E' rimasto invece aperta, con tutte le precauzioni, dice Organtini, la parte residenziale del centro, con 24 persone ospiti fisse tra i diciassette e i 95 anni, “e le voci dei ragazzi giovani rimbombano negli ottomila metri quadrati dell'istituto, e ci trasmettono la voglia di andare avanti con il nostro lavoro, nonostante tutto”. La parte scolastico-culturale dell'attività del centro, intanto, ha molto da insegnare alle scuole in affanno con le piattaforme elettroniche e l'insegnamento a distanza, proprio perché la formazione per non-vedenti e ipo vedenti già si basa in larga parte su computer con comandi sonori, complemento necessario dei libri da leggere con il sistema braille. Il centro segue e aiuta nello studio 425 studenti. “I ragazzi in questi giorni possono continuare con le abituali attività didattiche a distanza”, cosa molto importante, ora, dice Organtini, essendo venuta meno per chi frequentava anche fisicamente il centro la possibilità di parlare dal vivo con gli insegnanti. “Stiamo cercando di salvare l'organizzazione scolastica, e la partecipazione e il contatto telematico con tutti gli studenti”. Resta il problema di chi riceveva assistenza a domicilio: “Cerchiamo di fornire un supporto a distanza, con piccoli tutorial e assistenza anche psicologica alla famiglie dei non vedenti con deficit intellettivo, e stiamo valutando di adibire, tenendo conto di tutte le disposizioni e precauzioni, una delle nostre strutture di solito usata per i campi esterni, nella zona di Passoscuro, dove potrebbero stare alcuni tra ragazzi con alcuni operatori selezionati, per alleviare temporaneamente l'enorme lavoro di genitori e parenti. E' un'emergenza per il paese, e noi non ci tiriamo indietro”.