Un reparto dell’ospedale Fiera di Milano (foto Gian Mattia D'Alberto - LaPresse)

Il "doppio salto mortale" dell'Italia per aumentare i posti negli ospedali

Carmelo Caruso

Rispetto al periodo pre-pandemia raddoppia la disponibilità di letti in terapia intensiva in tutto il paese. Sei volte tanto nei reparti di pneumologia e malattie infettive. “Uno sforzo miracoloso” dice Walter Ricciardi, consigliere del ministero della Sanità

Ce la posiamo fare e lo dicono gli ultimi numeri diffusi dalla Protezione civile che testimoniano, ancora, un calo di contagi, ma intanto ce l’abbiamo fatta per quanta riguarda i posti di terapia intensiva e i posti letto nei reparti di malattie infettive. Lo accreditano i dati che registrano da nord al sud il balzo buono dei posti letto totali, mai come adesso necessari e urgenti.

 

Ebbene, prima dell’epidemia, prima che si comprendesse la loro importanza, l’Italia disponeva di 5.179 posti di terapia intensiva mentre adesso ne ha 9.122. E meglio ancora si è fatto nei reparti di pneumologia e malattie infettive dove si passa da 6.525 a 33.190. In pratica quasi sei volte tanto. “È uno sforzo che mi permetto di definire miracoloso. È vero che, a inizio epidemia, auspicavamo un incremento importante, ma mai avremmo immaginato un numero tale. Mi viene da dire: non siamo campioni del mondo in alcune attività ma lo siamo sicuramente in reattività” dice Walter Ricciardi, professore di Igiene all’università Cattolica di Milano, membro dell’Oms e consigliere del ministro della Sanità, Roberto Speranza.

 

E per una volta il sud non è da meno del nord. In Lombardia chiaramente il rapporto, il miglioramento è più importante: da uno a dieci. Dai 327 iniziali si è passati a 531 per quanto riguarda le terapie intensive. Da 386 a 3641 invece per quanto riguarda i posti letto. Ma prendiamo il Lazio. Da 571 a 831. La Toscana passa da 374 a 597. E però, anche nel Mezzogiorno si è riusciti, in pochissimo tempo, ad allestirle nuove strutture. Si guardi la Campania. Parliamo sempre di terapia intensiva. Da 335 si passa a 593. In Sicilia, da 418 a 619. La Calabria, da 146 a 205.

 

Vale ricordare che sono impianti di alta tecnologia e che serve tempo per predisporli. "Si è lavorato senza sacrificare la sicurezza dei lavoratori. Andrebbe ricordato. Così come va ricordato che sanità come quelle meridionali, a volte commissariate, hanno risposto benissimo. Il salto mortale è stato doppio" dice Ricciardi consapevole che la Lombardia si è dovuta misurare con il pieno dell’emergenza. "Sono posti costosissimi che rimarranno anche successivamente" aggiunge ancora Ricciardi.

 

E intanto le buone speranze arrivano anche dalla Protezione civile. Professore, la strada sembra giusta, ma quanto ancora bisogna attendere la fine di tutto? "I numeri che migliorano, non mi stanco di ripetere, sono figli delle due settimane di blocco. Non dobbiamo però smarrirci. Bisogna continuare ancora un mese di intensa lotta. Poi è chiaro che si deve studiare uno scenario nuovo che ci consenta alcuni movimenti". Un sacrificio ancora ricordando quanto è accaduto in Vietnam. Lo spiega ancora Ricciardi: “Non hanno avuto i nostri decessi e hanno pensato, dopo le restrizioni, di tornare alla vita di sempre. Hanno cominciato con fare pubblicità al turismo. A muoversi. Le conseguenze si possano immaginare” ammonisce il professore. Per il momento, un piccolo successo è stato raggiunto.

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