Servono più tamponi e 300 ricercatori scrivono al governo: "Siamo a disposizione"
Un appello con una proposta per fare più test rapidi alle categorie più a rischio mobilitando i laboratori di ricerca in tutti i settori della biomedicina, pubblici o privati non profit
Roma. Trecento ricercatori italiani, un appello e una lettera aperta al governo, ai ministri più coinvolti nell'emergenza e ai presidenti delle Regioni per un piano nazionale anti-contagio, a partire dalla necessità di aumentare i test via tampone, specie per le categorie più a contatto con cittadini e malati, ferme restando le attuali strategie di contenimento. L'appello, lanciato il 24 marzo, è stato poi raccolto dal deputato di +Europa Riccardo Magi, che qualche giorno fa ha presentato un'interpellanza al governo.
Il primo firmatario dell'appello, Ruggero De Maria, professore di Patologia generale all'Università Cattolica del Sacro Cuore, a Roma, racconta al Foglio genesi e prospettive dell'iniziativa: “Con altri ricercatori si discuteva di come affrontare il contenimento dell'epidemia nei giorni in cui il paese si incamminava lungo la strada obbligata di chiudere gran parte delle attività e mettere limiti alla circolazione: eravamo preoccupati di fronte al fatto che, con un numero basso di test, alcune categorie a rischio, dai medici agli infermieri alle guardie carcerarie agli addetti alla vendita nei supermercati, nelle edicole, agli impiegati delle poste, agli autisti di bus e taxi, potessero farsi veicolo inconsapevole di contagio. Sappiamo infatti che i soggetti non sintomatici o lievemente sintomatici rappresentano di fatto la sorgente principale di diffusione del virus nella popolazione. Allora, di fronte alla necessità di allargare il più possibile i test per le categorie a rischio, ci siamo detti: mettiamoci a disposizione del paese. Abbiamo un grande potenziale: laboratori di ricerca in tutti i settori della biomedicina, pubblici o privati non profit”.
Non si tratta, spiega De Maria, di estendere a tappeto i test diagnostici, strada al momento non percorribile vista l'ampiezza della popolazione interessata, ma di allargare il più possibile la platea dei testati nelle categorie più esposte. Tamponi, quindi, più che test sul sangue “che hanno ancora bisogno di validazione”, e sono meno precoci nell’individuare l’infezione e la contagiosità, anche se i test sul sangue, comunque utili, potrebbero essere poi aggiunti in un secondo momento.
“Coinvolgendo i i ricercatori e i laboratori che si sono resi disponibili potremmo subito avere a disposizione 100 laboratori capaci di eseguire 200 test al giorno”, dice De Maria, “e si stanno studiando tecnologie che potrebbero aumentare molto la rapidità delle analisi”. Dopo l'appello di ricercatori e medici, in cui si faceva presente che “in molti altri paesi (tra i quali Cina, Francia, Austria e Germania) laboratori accademici con elevate competenze sono stati cooptati al fine di fornire apparecchiature e personale per la estensione dei test diagnostici” e che in Italia “esiste una comunità straordinaria di ricercatori che potrebbe contribuire da subito e in maniera molto significativa e a costo zero all’attuale situazione di emergenza”, De Maria e i trecento firmatari (tra cui Paolo Vineis dell’Imperial College di Londra, Emilio Hirsh e Andrea Graziani dell’Università degli Studi di Torino, Gioacchino Natoli e Pier Giuseppe Pelicci dell’Istituto Europeo di Oncologia) hanno avviato contatti con l'Istituto superiore di Sanità, in vista della possibile cooptazione di laboratori di ricerca, ma nel quadro di un'azione coordinata con il governo e le istituzioni scientifiche già sul campo. Gli stessi ricercatori intendono, dice De Maria, agire “per l'interesse del paese, il più rapidamente possibile e in modo da aiutare in modo sensibile il contenimento del contagio”.