Il complotto perfetto
Quelli che scoprono eparina e plasma iperimmune e accusano: ci stanno nascondendo la verità più importante
Ai tempi del Covid-19, la paura delle persone e la fortissima attenzione a certi temi costituiscono il carburante giusto per la promozione di ogni sorta di cospirazionismi, vecchi e nuovi.
Risorgono in salsa Covid le teorie cospirazioniste contro il 5G, contro gli Ogm, contro i vaccini, contro i ricercatori e i laboratori visti come loschi apprendisti stregoni; quando poi conviene, qualcuna di queste teorie – nient’altro che la versione moderna dell’ossessione dell’untore di manzoniana memoria – è persino cavalcata da questa o quella parte politica. Un’idea di base, però, costituisce il terreno che sempre fertilizza qualunque teoria balzana, vecchia o nuova che sia: quella che si stia tenendo nascosta una qualche verità fondamentale, per motivi immancabilmente legati al guadagno di ipotetici “grandi vecchi” (Bill Gates sembra che sia entrato a pieno diritto nell’archetipo, dopo Soros) e di potenti organizzazioni che hanno il fine di guadagnare i fantastiliardi di disneyana memoria (le famose multinazionali, ovviamente farmaceutiche nel caso specifico). La “prova” che si sia tenuto nascosto qualcosa, e dunque alla fine la prova che si ha ragione a dubitare del fatto di essere tutti al centro di un grande inganno, è molto semplice da costruire: basta trovare un fatto di relativa importanza, per esempio un farmaco in uso da tempo, magari come terapia ausiliaria o di emergenza in moltissime condizioni diverse, e dare a intendere che quel farmaco è in realtà un “game changer”, di cui però non si voglia parlare perché danneggerebbe gli interessi fantastiliardari delle immancabili multinazionali.
Basta una catena su Whatsapp, in cui con toni enfatici si dipinga l’eparina come la soluzione finale, o il plasma iperimmune come l’invenzione di un ingiustamente trascurato “umile genio” (altro archetipo tipico), per scatenare orde di persone che non si peritano di andare a controllare se per caso quel farmaco o quel trattamento non siano stati da tempo descritti e discussi. Siccome essi stessi non sono stati parte della discussione, non essendo in ogni caso in grado di comprenderne i termini, oppure perché la cosa è passata sui canali nazionali nel momento in cui loro non erano davanti allo schermo o con un peso che non ritengono appropriato, costoro pretendono una ridicola “par condicio” comunicativa, per rimediare a quello che ai loro occhi è l’ingiusto nascondimento di un tassello fondamentale nella battaglia contro il virus. Queste persone diventano molto aggressive, e a nulla vale far osservare che magari ciò che si ritiene una nuova e illuminante scoperta sia in realtà una cosa risaputa fra chi lavora nel settore: esse decidono che quel particolare pezzo di conoscenza, nel mare delle conoscenze di virologia, epidemiologia, ricerca scientifica che ignorano, era quello fondamentale da comunicare, mentre invece ciò che i ricercatori hanno comunicato è stato scelto perché vi era una convenienza economica dietro. Essi cioè sono convinti che vi sia un voluto bias comunicativo, fatto per nascondere le cose importanti e poco redditizie, e per esaltare quelle magari più incerte, ma più redditizie; e non si avvedono che il tutto è alimentato da antivaccinisti, ciarlatani, mestatori, che hanno l’unico interesse di sostituirsi alla comunità scientifica come punto di riferimento.
Si arriva così al complotto perfetto: quello che, a partire da un fatto reale e risaputo invece che da una balla vera e propria, pretende di dimostrare che ci sia stata nascosta la verità più importante, per fini ovviamente malevoli. Con l’ovvio e assurdo corollario, per i ricercatori, di essere criticati non per ciò che hanno comunicato, ma per ciò di cui non hanno parlato.
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