Non fate così presto
Terapie e prodotti annunciati prima che i dati siano stati validati, sfruttando l’impazienza di politici e cittadini
L’appetito delle aziende e dei politici per ogni prodotto che possa permettere di guadagnare soldi o consenso nei tempi della crisi sanitaria causata da Covid-19 non va sottovalutato. E’ per questo che dovremmo guardare con sospetto maggiore del solito agli annunci di stampa provenienti dalle stesse aziende, o provenienti dai politici che a tutti i costi intendono dimostrare ai propri elettori di stare facendo qualcosa. Si sta per questo rapidamente sviluppando un mercato di prodotti che a volte sono messi su frettolosamente, sfruttando l’impazienza di politica e cittadini di trovare soluzioni e aggirare l’unico controllo disponibile, quello del metodo scientifico, troppo lento nel rispondere alle aspettative.
In Spagna, il governo regionale di Madrid ha acquistato da una azienda olandese – Biozek Medical – 100.000 kit per effettuare lo screening sierologico rapido di 86.000 operatori sanitari. La governatrice, Isabel Díaz Ayuso del conservatore Partito Popolare (Pp), ha dichiarato in aprile che i test avevano un tasso di sensibilità del 92 per cento (cioè un tasso di falsi positivi pari all’8 per cento) e ha presentato l’acquisto a dimostrazione di come il governo regionale stia gestendo la crisi del coronavirus in confronto con il governo centrale, il quale ha riscontrato diversi problemi con test difettosi. “Li abbiamo provati [i test diagnostici rapidi] con uno studio di microbiologia nell’ospedale di La Paz e ci danno più sensibilità e fiducia dei test che il governo ci ha dato”, ha detto Díaz Ayuso. Il servizio farmacologico della Dirección Asistencial Sureste, una agenzia pubblica responsabile per la sanità a Madrid, ha scritto in un documento appena svelato dal quotidiano El País che in realtà il 36 per cento dei casi positivi al test sono falsi positivi, cioè soggetti che sarebbero dichiarati immuni sulla base del test e non lo sono. I test acquistati, quindi, sono inservibili; la fretta di aggirare un rigoroso controllo scientifico non ha pagato.
In Inghilterra, è stata rilasciata la prima versione di una app per il tracciamento dei contatti con soggetti positivi al virus, per un test sperimentale sull’isola di Wight. Questa app, tuttavia, non solo non risulta mantenere le promesse di integrità della privacy – qualcosa che potrebbe ancora essere accettata dai cittadini – ma soprattutto è risultata estremamente vulnerabile nei test di sicurezza fatti da una terza parte, per quanto riguarda le possibilità di hacking. Un prodotto su cui il Sistema sanitario inglese punta molto, cioè, è stato messo su in fretta e furia per soddisfare la forte richiesta politica e popolare di un modo efficiente di contenere l’epidemia (dopo il fallimento del governo inglese nelle settimane passate), senza passare attraverso i dovuti controlli degli esperti e senza effettuare i test di sicurezza informatica prima di rilasciarla a un gruppo pur limitato di cittadini per la prova sul campo. Anche in questo caso, le soluzioni fornite in tutta fretta sono risultate dannose. Intanto, il ceo del colosso farmaceutico Takeda, Christophe Weber, insieme ai massimi dirigenti di alcune altre aziende del settore degli emoderivati, fa pressione sui governi perché siano semplificate le procedure autorizzative e di controllo sia per la raccolta che per l’impiego degli emoderivati, in modo da poter semplificare il processo di industrializzazione della promettente (anche in senso dei guadagni possibili) terapia plasmatica per il Covid-19.
Pressioni e azioni di lobbying sono lecite, per carità, ma sempre ricordando che le barriere a procedure troppo semplificate furono introdotte per limitare la diffusione di importanti patogeni, tra cui il morbo della mucca pazza, e se oggi si vuole rilassarle è importante non agire così in fretta da favorire nuovi problemi.
Gli annunci di terapie filtrano quando non dovrebbero, cioè prima che i dati siano stati validati, eccitando gli investitori e facendo guadagnare fortune alle aziende produttrici di farmaci: è il caso per esempio del Remdesivir, che ha fatto guadagnare in un sol giorno il 10 per cento alle azioni della multinazionale Gilead, quando da un ospedale di Chicago è giunta voce informale del suo funzionamento, senza che ancora fossero pubblicati dati che la comunità scientifica potesse valutare e validare. Lo stesso si può dire per i continui annunci in genere provenienti da aziende su vaccini che sarebbero pronti a breve; annunci che arrivano a scadenza tanto fitta da assistere al paradossale fenomeno del loro spostamento in avanti mese per mese (un po’ come quando ci si produceva nelle previsioni del picco epidemiologico).
Bisogna quindi imparare non solo a non avere fretta, ma anche a dubitare della fretta degli altri: le soluzioni rapide sono spesso rischiose, anche se piacciono perché rassicurano sulla preparazione di chi agisce e sul suo “saper fare”. Il metodo scientifico, che richiede tempo per la raccolta di fatti e dati sufficienti, è l’unica strada sicura che può portarci a identificare una terapia, un metodo di diagnosi, un sistema di contenimento: qualunque scorciatoia porta nel burrone, non alla meta.
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