Non so come valuteranno i miei amici liberal la condizione in cui mi trovo di fumatore negazionista. Male, probabilmente. Però dovrebbero leggersi l’Economist e lo studio dell’ospedale parigino Pitié-Salpêtrière, sottoscritto dall’Institut Pasteur e dalla Sorbona, con avallo del Cold Spring Harbor Laboratory dello stato di New York. Detesto gli scientismi, non pendo dalle labbra di nessuno, anche perché dalle labbra mi pende spesso una sigaretta, però sono un tipo curioso. Pare che, ma è più che un “pare che”, è una risultanza sperimentale, pare che solo il 5 per cento di fumatori, tra il 28 febbraio e il 9 aprile, culmine dell’epidemia, sia ricorso alle cure intense e invasive a seguito di contagio, in un paese in cui almeno il 25 per cento degli esseri umani imbraccia baguette e sigaretta con la stessa amabile disinvoltura. Il dato è tratto, e in base a questo dato è stata ricavata, salvo conferme ulteriori attraverso procedure di accertamento massive o trial, una sensibilmente minore predisposizione dei fumatori, dei tabagisti, degli adepti della nicotina a subire gli effetti più devastanti dell’infezione da Sars Covid-2, detta Covid-19.
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