Aumentare i posti a Medicina non è una buona idea
Per il segretario di l’Anaao-Assomed, Carlo Palermo, il Sistema sanitario nazionale avrà bisogno di un turnover di massimo "5.000 medici specialisti. Ci apprestiamo a formarne 9.700. Per 4.700 di loro sarà problematico trovare sbocchi lavorativi in Italia"
Roma. Il ministero dell’Università aumenterà gli accessi a medicina per il 2020/2021 portandoli a 13.072 unità. Troppi, non servono, ribattono l’Ordine dei Medici e anche l’Anaao-Assomed, il sindacato dei dirigenti medici. “Non mancano laureati in Medicina e chirurgia, mancano gli specialisti”, dice il segretario del sindacato Carlo Palermo.
“La proposta di incrementare di 1.500 unità gli accessi al corso di laurea in Medicina e chirurgia, l’aumento più consistente tra tutte le professioni sanitarie, per l’anno accademico 2020-2021, portandoli a 13.072 rappresenta un’assurdità al limite tra demagogia, insipienza e conflitto di interessi, foriera di un disastro formativo ed occupazionale”. Ma che conseguenze avrà l’incremento? “Significa che i futuri giovani colleghi, dopo aver affrontato un lungo e duro percorso formativo, saranno disponibili per entrare nel mondo del lavoro nel 2031/2032. Non tutti purtroppo. L’abbandono del corso è valutabile intorno all’11 per cento. Quindi solo circa 11.700 studenti raggiungeranno l’agognata meta”. Si può prospettare, dice Palermo, “che circa 2.000 di loro seguiranno il corso di formazione in Medicina generale e 9.700 acquisiranno il titolo di specialista”.
Secondo Palermo, “il fabbisogno di specialisti nel SSN per garantire il turnover dopo il 2030, sarà inferiore a 3000/anno. Attualmente gli specialisti che scelgono il rapporto di lavoro con il SSN sono circa il 65/70 per cento di coloro che annualmente acquisiscono il titolo. Per cui possiamo stimare un fabbisogno complessivo di 4000/4500 specialisti dopo il 2030”. Si può aggiungere un margine di flessibilità intorno al 10 per cento, spiega Palermo, “arrivando ad un fabbisogno stimabile di circa 5.000 medici specialisti. Ci apprestiamo a formarne 9.700. Per 4.700 di loro sarà problematico trovare sbocchi lavorativi in Italia. In 5 anni, se non si modificheranno gli accessi, saranno oltre 23.000”. Insomma, “dall’imbuto formativo passeremo ad un imbuto lavorativo. Uno spreco stimabile intorno a 6 miliardi di euro per ogni quinquennio perché ognuno di loro costa 250.000 euro, quanto una Ferrari 488 GTB. Andranno tutti a lavorare all’estero. Si abbia almeno l’onestà intellettuale di dirlo chiaramente per evitare illusorie aspettative e soprattutto si chieda alla Comunità europea di sostenere economicamente questa formazione”.