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La prevalenza del cretino dietro la crociata anti Immuni

Giuliano Ferrara

Un atto di ordinario civismo da rendere obbligatorio, come la mascherina sui bus

Visto che si ricomincia con le avventure di un certo Vacchi e altre non notizie che con la clausura erano felicemente scomparse, sarà meglio tornare al virus. Difficile capire perché sono relativamente pochi a scaricare Immuni, la app di tracciamento, e sono relativamente molti quelli che fanno i fenomeni e orwelleggiano in modo scadente segnalando il pericolo del controllo dei dati personali con toni esagitati e perfino grotteschi. Questo pericolo è stato rigorosamente escluso nei luoghi deputati di verifica del funzionamento del congegno. Va bene, si può anche diffidare dell’expertise di chi ha ideato e costruito il sistema, di chi ne ha controllato il funzionamento, si può diffidare dei vigili, dei poliziotti, dei cartelli stradali di divieto di sosta e di pericolo massi. Tutto si può fare. Ma sappiamo ormai da anni che per il tracciamento di un assassino, di un tangentaro, di uno spacciatore, di una spia, e perfino di un adultero a suo modo innocente e sornione, basta incrociare, come si dice, i dati del suo cellulare.

 

Siamo tracciati dalle tecnologie, si sa. Chi ha da vendere prodotti sa perfettamente, attraverso gli smanettamenti nel web, dove trovarci in quanto consumatori, non importa se di scarpe, articoli sportivi, libri, automobili e molto altro. I cellulari, familiarmente detti telefonini, sono universalmente diffusi, sono il big business del secolo, per adesso. Lo stesso vale per i laptop, per i navigatori che ci indirizzano strada per strada, non c’è marchingegno elettronico di una certa complessità che non possa essere veicolo di tracciamento a carico di chi lo usa e di chi ne subisce l’uso (quasi tutti). Dunque non si capisce che senso abbia la diffidenza verso l’ultima arrivata, una app antivirus che ha una storia. 

 

Tutto comincia con la chiacchiera coreana, sudcoreana per la precisione. Mentre eravamo chiusi, bloccati e contavamo vittime e contagiati ogni giorno piovevano da ogni parte complimenti al sistema progredito tecnologicamente di quei luoghi in Asia in cui il rapido approntamento di mezzi di tracciamento aveva ridotto i danni e contribuito in tempi più rapidi dei nostri all’isolamento del virus e alla riapertura della società e dell’economia, al riacquisto della libertà di movimento, il pezzo pregiato di tante altre libertà. A mano a mano che la clausura si chiudeva sui nostri appartamenti, in un delirio necessario ma indisponente di regole e divieti, cresceva l’invidia per chi limitava il danno analogo grazie alla capacità, legata anche e soprattutto alle tecnologie, di individuare le zone di tensione sanitaria, le aree di contagio, i singoli esposti al rischio, per provvedere. 

 

Ci si è attrezzati. L’Italia è arrivata tra i primissimi a produrre e a introdurre un mezzo di tracciamento basato sul sistema bluetooth. Nel Regno Unito è andata male, tutto è stato rinviato all’autunno, nell’ipotesi di una seconda ondata dell’epidemia. Immuni invece è una cosa relativamente semplice da scaricare e da mettere in funzione, servizio attivo. Una cosa non fatta a scopo di lucro, non costosa per l’utente, un segno elementare di solidarietà sanitaria, per così dire. Un atto di ordinario civismo. Un congegno utile a definire, nel caso di una positività segnalata, chi è esposto alle conseguenze di quella positività per un contatto ravvicinato. Non è l’uovo di Colombo, un contributo semplice e chiaro alla soluzione del problema che oggi preoccupa di più, il famoso focolaio da arginare e circoscrivere? Così sembrerebbe, a menti non troppo contorte. 

 

Non è, questa app, la soluzione di tutto, ovvio, e naturalmente è esposta come tutto a rischi, ma il pericolo di essere contagiati senza sapere non dico come e perché, ma senza saperlo del tutto, restando nell’ignoranza e nell’attesa di sintomi maligni, e eventualmente contagiosi a nostra volta, non è un rischio superiore a tutti gli altri rischi? E allora la crociata antitecnologica, velleitaria, anacronistica, segnata da un’ostilità tutta ideologica a un ritrovato scientificamente testabile e controllabile, insomma tutto questo casino diffidente intorno a Immuni, di che cosa è sintomo? Di pigrizia, si direbbe, e di infinita stupidità, la solita prevalenza del cretino. Contro la quale, in zona pericolo, forse si sarebbe dovuto incentivare il civismo rendendola obbligatoria, come la mascherina sui bus, pena una ammenda per chi ha il telefonino, non se ne stacca mai, con lui chiacchiera e fa l’amore da mattina a sera, ma non vuole usarlo per la salute pubblica.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.