(foto LaPresse)

Cattivi Scienziati

Questione di Rna

Enrico Bucci

Se tutto andrà bene, riusciremo a fare in modo che sia il nostro corpo a vaccinarci contro il virus. Le stampanti per vaccini di Elon Musk

Esistono visioni che, se si realizzassero, potrebbero cambiare il modo in cui si affrontano le malattie infettive, e quindi il nostro futuro. Sono idee che hanno il potenziale di modificare non solo la cura di una determinata malattia, ma anche il modo stesso in cui determinati agenti terapeutici sono prodotti, e quindi la tecnologia necessaria, semplificando non solo l’ottenimento del prodotto stesso, ma anche aumentandone la disponibilità e la facilità di fabbricazione.

 

Naturalmente, se queste idee mostrano di poter funzionare, si portano di conseguenza anche l’identificazione di nuovi imprevisti e ostacoli, che non erano noti a nessuno proprio perché la tecnologia cui sono legati non era mai stata prima considerata sul serio.

 

Questa breve introduzione mi serve per far meglio comprendere al lettore come i vaccini basati su mRna potrebbero davvero cambiare le cose non tanto e non solo per quel che riguarda l’attuale pandemia, ma in generale per la lotta alle malattie infettive. Come tutte le idee nuove, le possibilità di fallimento per una ragione qualunque sono alte e fin tanto che non avremo il vaccino pronto all’uso, conviene non entusiasmarsi troppo; tuttavia, a ogni nuovo risultato sperimentale raggiunto in laboratorio e nelle prove cliniche, si è un passo più vicini non solo a ottenere un rimedio utile per contrastare Sars-CoV-2, ma a un potenziale cambiamento in meglio nella nostra capacità di ottenere vaccini rapidamente, efficientemente e a costi contenuti contro gli attuali e i futuri patogeni.

 

Vediamo brevemente perché. Normalmente, la produzione di un vaccino richiede la capacità di fabbricare in vitro un pezzettino almeno del patogeno contro cui si intende scatenare la risposta immune dei vaccinati. Questo è un processo complicato, sia se si vuole partire dal patogeno naturale inattivato, sia se si vuole utilizzare un “carrier” come il guscio di un virus vuoto su cui è montato il pezzettino di patogeno che ci interessa. 

 

La principale difficoltà sta nel fatto che, sia che si vogliano ottenere virus inattivati, sia che si vogliano ottenere virus “carrier” per uso vaccinale, si devono coltivare cellule in bioreattori ove è necessario mantenere standard elevatissimi di controllo di tutti i parametri, pena la perdita o la contaminazione del lotto prodotto. In altre parole, per i vaccini tradizionali noi utilizziamo fabbriche biologiche – le cellule – che devono essere allevate e curate; inoltre, una volta che queste hanno prodotto in quantità sufficiente ciò che ci interessa, dobbiamo recuperarlo dal brodo di coltura, separando il prezioso principio vaccinante da tutto il resto della coltura cellulare. Tempo, denaro e cura continua sono quindi requisiti indispensabili per arrivare ai lotti di vaccino finito.

 

Ora immaginate di avere una tecnologia che annulli tutte queste fasi, e il cui prodotto sia solo un breve “messaggio di istruzioni” al vostro corpo, per stimolarlo a produrre da solo il proprio vaccino. I sistemi viventi, e quindi anche il nostro organismo, scambiano continuamente questo tipo di messaggi codificandoli in una molecola di mRna – appunto detto Rna messaggero.

 

Siccome abbiamo imparato da tempo ormai a leggere e scrivere messaggi come questi, formulati in una lingua non a caso chiamata “codice genetico”, vi sono diverse aziende che hanno programmi in stadio di avanzata sperimentazione clinica, alla base dei quali vi è il fornire un messaggio al nostro organismo utile, se tutto andrà bene, a fare in modo che sia il nostro stesso corpo a vaccinarci contro Sars-CoV-2. Si tratta dei famosi vaccini a Rna.

 

Se funzioneranno – e per ora i dati sono incoraggianti – sarà molto più facile non solo produrre questo particolare vaccino, ma anche progettare e produrre qualunque altro vaccino: una volta decodificato il genoma di un patogeno (per Sars-CoV-2 ci è voluta appena una settimana), se ne copierà un pezzetto utile a produrre un nuovo vaccino da testare, o meglio se ne confronteranno diversi per vedere qual è il più efficace. Niente più complicati bioreattori con cellule da coltivare, niente più complessi passaggi di purificazione.

 

Naturalmente, scommettendo sul fatto che questa tecnologia funzioni, si scommette anche su tecnologie ancillari: per esempio, su piccole macchine in grado di “scrivere” i messaggi di Rna per fare vaccini in modo veloce, portatile ed economico – come sta facendo Elon Musk, che sta prototipando quelle che chiama “stampanti per vaccini”, le quali sono niente altro che dei piccoli sintetizzatori programmabili di Rna, portatili ed economici, adattabili a produrre qualunque vaccino di Rna.

 

A questo punto, tuttavia, ci si è accorti di alcuni problemi imprevisti: per esempio, come sa chi come me per lungo tempo ha lavorato su Rna, che questa molecola è relativamente instabile, il che significa quindi che la catena del freddo per questo tipo di vaccini è molto più importante che per quelli tradizionali. Questo implica il dover ripensare distribuzione e farmacie in modo diverso e, a sua volta, sta mettendo sotto pressione le tecnologie correlate per fornire soluzioni innovative; vedremo cosa ne uscirà.

Tutto questo funzionerà? Non lo sappiamo: ma alcuni dei vaccini a Rna hanno già fornito evidenze di fase 2 di una robusta risposta anticorpale, insieme a una parallela risposta cellulare di tipo T, e non sembrano inferiori ai vaccini tradizionali. Forse è vicino il giorno in cui riusciremo a scambiare messaggi direttamente con il nostro sistema immune, in lingua genetica, per contrastare un nuovo patogeno.

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