Anagni. Il serpente d’acciaio si staglia in mezzo alla stanza, e si capisce che dentro, dietro ai vetri, un cervello smaterializzato invisibile impartisce ordini di lavoro a pieno ritmo, tra tubi e tank giganti, sacche e involucri, carrelli e schermi di interfaccia macchina-uomo. E dietro ai portelloni – da sottomarino? da astronave? da set fantascientifico del film “Gattaca”? – i flaconi girano veloci su piastre rotanti e nastri-rotaia, dove invece di un treno giocattolo scorre una catena di boccette trasparenti, asciugate in un tunnel-molla dopo un passaggio in un pentolone ribollente d’acqua, tra piccoli geyser di vapore del sistema di lavaggio e sterilizzazione. Sono le 9 e 45 del mattino e ci troviamo nella pancia della balena, ad Anagni, cioè nel cuore dello stabilimento Catalent in cui avrà luogo, per conto dell’azienda farmaceutica AstraZeneca e in vista della distribuzione in Europa, l’operazione di infialamento-vaccino. Il vaccino anti Covid, quello di Oxford. Quello che da ieri è fermo per verifiche al blocco di partenza, in attesa del verdetto di una commissione indipendente sulla reazione avversa che ha colpito una volontaria su cinquantamila.
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