Finito il lockdown primaverile, tutti dall'analista
Il post-lockdown vede gli italiani stressati e pieni di paure. Ma le nuove generazioni sembrano reagire. Giovani più religiosi, profondi e atletici. Adolescenti "ragionevoli e lungimiranti". E' il quadro che emerge da una ricerca svolta dall’istituto Piepoli, presentata durante il convegno sulla Giornata nazionale della psicologia 2020
Dopo tre mesi di lockdown, gli italiani hanno bisogno di uno strizzacervelli. E’ quanto emerge da una ricerca svolta dall’istituto Piepoli, presentata dal vicepresidente Livio Gigliuto durante il convegno sulla Giornata nazionale della psicologia 2020. “La nuova normalità è essere più stressati […] Gli psicologi per i cittadini sono una sorta di ‘mascherina della mente’, indispensabili per affrontare questa nuova normalità”, spiega Gigliuto. C’è chi lavora da casa e deve fare i conti con gli umori della linea Adsl, chi più che di lavoro “smart” preferirebbe parlare di lavoro “extreme” e chi teme di non averlo più un lavoro.
“Se all’inizio lo stress era legato quasi esclusivamente alla paura del contagio, oggi cresce sempre più l’ansia per le conseguenze economiche. Perdere il lavoro o faticare a trovarlo, vivere una nuova crisi economica: questo spaventa gli italiani e soprattutto i più giovani”. I livelli di sovraffaticamento hanno superato di quasi dieci punti percentuali quelli pre-Covid. Numeri che rendono difficile ipotizzare una seconda quarantena. Ne è convinto David Lazzari, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi: “In queste condizioni il paese non ha le risorse psicologiche per reggere un nuovo lockdown. Sarebbe insostenibile una seconda chiusura totale”.
Ad aver incassato meglio il colpo pandemico e contare qualche livido in meno sarebbero i giovani: “Hanno rafforzato la spiritualità e vivono con lucidità questa emergenza”, spiega Gigliuto. “Da un’indagine svolta per Fondazione Pisa e Fondazione Charlie, durante il lockdown 4 giovani su 10 hanno chattato o fatto video-chiamate con amici o familiari ogni giorno, un quarto ha svolto attività fisica in casa e il 24 per cento ha pregato almeno una volta alla settimana. Si registra anche un ritorno all’uso del diario (anche in questo caso, il 24 per cento degli italiani lo ha scritto almeno una volta alla settimana)”.
Ne emerge un ritratto per molti inedito: ragazzi più religiosi, più profondi, al limite del solipsismo, e già pronti alla prova costume dell’estate 2021. Che affronteranno perlopiù in coppia: “5 giovani su 10 dichiarano di aver vissuto il lockdown da fidanzate e fidanzati, con qualche conflitto in più ma con buona tenuta delle relazioni”. Mica come gli adulti, che dopo tre mesi di convivenza forzata con mariti e mogli hanno subito intasato le linee telefoniche degli avvocati italiani.
Stesi sul divano di fronte a un film ma con la testa all’ultima serata con gli amici. Insieme nostalgici e ottimisti. Secondo Gigliuto, “se un terzo dei giovani ha provato speranza e fiducia (33 per cento), il 21 per cento ha provato tristezza e malinconia. Non sono mancati indifferenza e distacco (14 per cento), rabbia e frustrazione (12 per cento). Marginale la quota di giovani spaventati, solo il 9 per cento ha provato paura e timore”.
Lontani dalle odiose aule scolastiche, gli adolescenti sono “ragionevoli e lungimiranti: per il 70 per cento la situazione si risolverà, ma ci vorrà molto tempo; in sette casi su dieci si dichiara attenzione a non essere contagiati, e metà degli intervistati spende con oculatezza, pensando che con l'emergenza ci siano meno soldi per tutti. Infine, la maggioranza dei giovani è ottimista sul mondo post-emergenza. A essere convinti che torneremo a vivere come prima sono soprattutto i membri della Generazione Z, i più giovani tra i giovani”.
Fiduciosi, razionali ma anche più fragili. La scuola a distanza, la presenza prolungata sui social network e l’azzeramento della vita sociale hanno significato per molti ragazzi perdita di autostima, problemi relazionali e depressione. Come spiega Lazzari, “occorrono quindi provvedimenti e comportamenti responsabili per tenere la pandemia sotto controllo e l’urgente attivazione di una rete psicologica pubblica, a partire dal sistema sanitario, dall’assistenza di base e dalla scuola. Senza prevenzione e ascolto questi livelli di disagio sono destinati ad aggravarsi ed avere pensanti ricadute sulla società e sulla salute delle persone, con ulteriori danni per una economia già molto provata. La psicologia è fondamentale per la resilienza e per costruire il futuro”.
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