Cautela ma non allarmismo. L'approccio di Streeck
Il virologo tedesco spiega le differenze tra Germania e Italia e perché contro il virus serve anche proteggere naso e bocca “e arieggiare gli ambienti"
In Germania, sono due gli scienziati che durante la pandemia sono stati il punto di riferimento dei tedeschi per stabilire quali precauzioni seguire. A est, dall’ospedale Charité di Berlino, il massimo degli esperti è il direttore dell’Istituto di Virologia Christian Drosten, già scopritore della Sars e luminare in tema Mers. L’emergere del Covid-19 ha trasformato Drosten in una star della tv e dei social media: ogni martedì lo scienziato aggiorna i tedeschi sulla pandemia dal canale pubblico Ndr. A ovest, invece, brilla la stella di Hendrik Streeck, guida dell’Istituto per la ricerca sui virus e sull’Hiv dell’Università di Bonn.
Drosten è il sostenitore di misure anticontagio più dure, mentre Streeck sarebbe il capofila di una scuola meno severa.
Giovedì lo scienziato di Bonn ha incontrato su Zoom la stampa estera in Germania, e ha spiegato il suo punto di vista. L’incontro è avvenuto in un momento di ripresa dei contagi nel sud e nell’ovest del paese, ma anche a Brema, Amburgo e Berlino. I 16 Länder sono impegnati, ognuno a modo suo, a limitare il contagio, tutti con l’obiettivo comune di tenere aperte le scuole ed evitare un nuovo lockdown al paese. In Germania l’inverno è già alle porte, “e la mortalità è destinata ad aumentare”, ha esordito Streeck. A differenza del borgomastro berlinese Michael Müller che non vuole nessuno nei parchi cittadini dopo le 23, il virologo non è preoccupato per i giovani che rischiano di infettarsi nei party illegali; gli under 30 denunciano sintomi lievi, “mi spaventano invece gli aumenti dei ricoveri in terapia intensiva”. E giudica “realistico” il calcolo fatto dalla cancelliera secondo cui si rischia di arrivare a 19.200 nuovi casi entro Natale. Nonostante l’aumento dei contagiati, spiega Streeck, ci sono motivi per credere che “alla lunga i virus perdono aggressività passando da una persona all’altra” e il coronavirus non fa eccezione.
Lontano dal sostenere il laissez-faire, Streeck ricorda che dall’inizio della pandemia “le terapie sono molto migliorate”. In Germania hanno avuto due fortune rispetto ad altri paesi: un mese di ritardo sull’Italia e malati in media più giovani – in gran parte famiglie di ritorno dalla settimana bianca in Tirolo. “Abbiamo intubato di meno. Senza saperlo, abbiamo fatto meglio dando più eparina e prednisolone” (cortisone). Da Bonn, Streeck conferma anche che i medicinali somministrati a Donald Trump sono efficaci. “Il Remdesivir funziona, e anche bene, e pure il Regeneron”. Possiamo dunque andare tutti a spasso senza mascherina? Streeck risponde con la scienza. “Abbiamo modelli clinici per la Mers e la Sars-1 in cui si è visto che maggiore è la quantità di virus che prendi, più forti sono i sintomi”. La sua prescrizione è dunque di proteggere naso e bocca “e anche arieggiare gli ambienti fa bene”, anche in inverno, perché sono le stagioni più fredde quelle più rischiose: in estate, osserva, le polmoniti quasi non esistono. In Germania, anche fra gli anziani, il numero di morti di Covid-19 è più basso che in altri paesi, Italia compresa.
A una domanda del Foglio se sia merito del vaccino per il pneumococco somministrato gratuitamente ai tedeschi over 60, Streeck risponde: “Forse. Ma non si può sapere perché questo vaccino non è diffuso quanto vorremmo”. Bisogna dunque armarsi di pazienza e di un po’ di ottimismo.
Allo studio, ricorda, ci sono nove vaccini anti Covid: “E’ una buona base, ma nessuno può dire se funzioneranno: io non ho mai visto sperimentazioni di vaccini senza sorprese”. A chi gli fa notare che in Italia il coronavirus appare oggi più sotto controllo che in altri paesi, Streeck risponde che “molte piccole comunità hanno già fatto conoscenza con il virus” e si può ipotizzare “una certa immunità”. Ma poiché al momento dati di supporto non ci sono “il fatto che la maggior parte della popolazione stia rispettando le regole igieniche” certamente aiuta.
Streeck crede anche che scuole e asili possano rimanere aperti, un esperimento fatto già in Olanda e in altre nazioni europee. Il suo non è un appello a seguire il modello svedese, ma il virologo apprezza una delle scelte di Stoccolma: “Hanno detto alla popolazione che si trattava di una maratona e hanno fatto appello alla responsabilità personale”.