cattivi scienziati
Resistere alla seconda ondata, senza cedere alla paura
Nuovo picco di Covid. Regole o non regole: mascherine e contatti limitati
Oggi non ho consigli, non posso dare notizie; chiedo scusa al lettore, ma questa volta, se ha voglia di leggere qualcosa per tirarsi su di morale, vada pure a cercare altrove. Abbiamo di nuovo registrato oltre 100 morti in un giorno a causa del Covid-19. Può darsi – e lo spero davvero – che questo sia un picco giornaliero, e che segua un numero più piccolo; ma la tendenza è chiara, soprattutto guardando all’aumento dei ricoveri e delle terapie intensive. Due sono i sentimenti predominanti in questo momento: l’amarezza e la rabbia. L’amarezza perché si può star certi che quei poveri morti saranno ancora una volta sminuiti: i soliti ignobili commenti sul fatto che erano anziani, malati o persino inventati risuonano già sui social forum e nelle discussioni per strada, senza che nessuno in realtà abbia uno straccio di conoscenza di quelle vite finite e di come si svolgevano prima del Covid-19.
La terribile e oscena discussione sul “per” e “con”, innescata e rilanciata durante la prima ondata, non ha mai perso vigore, perché è il modo più comodo per rifiutare la realtà, rifugiandosi in un mondo immaginario, affermando il proprio ego e difendendo le proprie ragioni. L’amarezza, ancora, perché eravamo riusciti, a prezzo di sforzi inauditi da generazioni, a tenere il virus a bada senza armi farmacologiche e senza vaccino; oggi è definitivamente chiaro che abbiamo dilapidato il patrimonio che avevamo accumulato e quindi abbiamo sprecato i nostri sforzi.
Vi è poi la rabbia, perché le condizioni e la possibilità di questa ripresa sono state annunciate per tempo, fin da prima dell’uscita dal lockdown; e non con gli argomenti di Cassandra, ma con quelli del ragionamento quantitativo, della conoscenza di come funzionano le epidemie e i virus. A fronte di questi annunci, in tanti avevamo chiesto soprattutto una cosa: monitorare e ancora monitorare, per contenere e spegnere i focolai. Eppure, il tracciamento è stato messo su in modo raffazzonato, con tante regole quante regioni, a partire dalla scuola. Una app funzionante e sviluppata gratuitamente è stata resa inutile dalla ridicola paura di cedere la propria privacy da parte di chi naviga su Facebook e su Google, da una parte, e soprattutto dall’incapacità di prevedere e organizzare in modo semplice cosa dovesse avvenire a valle di una positività rilevata, fra codici mai ricevuti, aziende sanitarie che volutamente l’hanno ignorata, medici che si sono rifiutati di fare il loro dovere e così via. Persino escludendo il tracciamento e il testing, le politiche di isolamento sono state sparpagliate tra una quantità di diverse procedure spesso palesemente inefficaci, come in Emilia-Romagna, ove se un bambino è positivo in una classe, si suggerisce di non sospendere nemmeno le lezioni in attesa dell’esito di un eventuale test per i suoi compagni di classe.
La rabbia anche per la comunità scientifica italiana, che invece di parlare con voce univoca, ha permesso che un pugno di suoi membri sistematicamente minimizzasse il pericolo, usando frasi ambigue, dileggiando i colleghi più seri ed intanto spingendo istituzioni e popolazione a pensare che il virus fosse destinato a scomparire a breve, l’emergenza finita, la mutazione occorsa e mille altre balle di cui nessuno renderà certo conto (anzi, qualcuno continua ancora lo show, intrappolato nel circo mediatico di cui si bea).
Amarezza e rabbia, quindi; adesso, senza cedere alla paura, non resta che attrezzarsi individualmente a resistere, regole o non regole, limitando il più possibile i contatti con estranei e indossando le mascherine, e aspettando pazientemente il prossimo flesso, il prossimo picco e la discesa di questa nuova onda.
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