Sono tanti gli alberghi in tutta Italia che sono diventati o stanno per trasformarsi in strutture utili ad alleggerire la pressione dell’epidemia sugli ospedali. Eppure, le criticità non mancano. I casi di Roma e Milano
C’è chi chiude perché i turisti non ci sono più e c’è chi invece cerca di percorrere strade alternative per rimanere aperto. Sono tanti gli alberghi in tutta Italia che sono diventati o stanno per trasformarsi in Covid-hotel. Strutture utili ad alleggerire la pressione dell’epidemia sugli ospedali. Per farlo in diverse parti del paese sono state stipulate, sin dalla prima ondata, convenzioni tra le regioni e le associazioni di categoria alberghiere che prevedono corrispettivi variabili da regione a regione per mettere a disposizione le camere. La soluzione soddisfa due esigenze: puntellare la rete anti-Covid e aiutare gli albergatori in difficoltà con fatturati in calo anche del 90 per cento. Gli alberghi ospitano principalmente malati che è bene tener ricoverati, ma che non presentano sintomi di eccezionale gravità. Spesso si tratta di pazienti dimessi, ma che, ancora positivi, è bene tenere sotto osservazione. Da un po’ di tempo però si parla degli hotel anche per un’altra funzione: separare asintomatici e paucisintomatici da famiglie e conviventi. A inizio ottobre l’Istituto superiore di sanità scriveva che oltre il 77 per cento dei contagi avviene in casa. E anche oggi il tema delle diffusione del virus in famiglia, secondo diversi esperti, continua ad essere centrale.
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