La giornata delle comunicazioni del premier alle Camere, il contorno del nuovo Dpcm, i tre livelli di intervento a seconda dei territori, il crescendo dei contagi e la scuola che resta sullo sfondo, come pensiero costante e oggetto di studio: quanto la diffusione del virus dipende dalla presenza in aula, quanto dai trasporti, quanto da quello che succede fuori dagli edifici dove si seguono le lezioni? E se i genitori degli studenti su cui incombe il ritorno alla Didattica a distanza sono pronti a scendere di nuovo in piazza, ci sono ricerche indipendenti, come quella di cui si parlava sul sito del Patto trasversale per la Scienza, che sottolineano come la scuola non sia “più contagiosa” di altri luoghi. E ieri, nel giorno delle strette annunciate, al governo e al Cts è arrivato un documento-appello firmato da dodici medici e ricercatori, tra cui Antonella Viola, immunologa dell’Università di Padova, e da Susanna Esposito, ordinaria di Pediatria dell’Università di Parma e consulente dell’Oms, in cui si chiede di operare su un orizzonte temporale di medio-lungo periodo, considerando la scuole un servizio essenziale. I medici e ricercatori, in vista della firma del Dpcm, chiedono di intervenire subito “con chiusure nelle aree più a rischio”, di “potenziare test e tracciamenti”, ma di mantenere aperte le scuole per i ragazzi fino ai 14 anni”.
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