cattivi scienziati
La vera notizia dietro alla notizia del vaccino anti Covid di Pfizer e BionTech
Ciò che si otterrà potrebbe essere non solo un’arma contro un virus, ma il modo di parlare la lingua del nostro corpo
Sono stati 25.271 i nuovi contagi ieri in Italia, rilevati con 147.725 tamponi (domenica se ne sono contati 32.616 con 191.144 test). Cento nuovi ricoveri hanno portato a 2.849 il numero dei letti occupati nelle terapie intensive. I morti sono stati 356 (331 domenica).
Come è comprensibile, il comunicato stampa della Pfizer sul suo vaccino in fase III sviluppato con BionTech e in test su circa 43 mila volontari (metà vaccinati e metà trattati con placebo) sta generando una forte ondata emotiva. I risultati descritti nel comunicato stampa della Pfizer, in breve, sono i seguenti: dopo una settimana dalla seconda dose, si nota come il virus si sia maggiormente diffuso nel gruppo dei non vaccinati rispetto a quello dei vaccinati, così che si può calcolare una protezione del 90 per cento dal rischio dall’infezione. Stiamo parlando di ciò che si osserva a una settimana dal completamento della vaccinazione, per un totale di 94 casi di infezione (diffusi in larga maggioranza, ma non totalmente, tra i soggetti non vaccinati). Quindi, calma e gesso: è una gran bella notizia, ma da questi dati risulta che l’esposizione al virus dei soggetti arruolati è stata ancora piccolissima, come atteso dal fatto che il tempo trascorso dall’inizio dello studio è ancora poco. In particolare, occorre attendere la pubblicazione di dati più avanzati per sapere:
1) quale sia davvero la percentuale di protezione conferita, ovvero la ripartizione dei casi di infezione tra vaccinati e non vaccinati, una volta che i due gruppi saranno stati esposti per più tempo al virus e una volta che si sia raggiunto un maggior numero di infetti;
2) quanto tempo dura l’immunità sterilizzante conferita dagli anticorpi (ricordando però che comunque la memoria immune, dai dati disponibili, sembra durare).
Detto questo, come biochimico per me questa è una bellissima giornata, perché non è solo un vaccino che si sta ottenendo, ma la prova che una tecnologia completamente nuova, basata sulla comprensione a livello molecolare di come funziona la vita e come la risposta immune, può davvero funzionare. Pensate: sono passati meno di sessant’anni da quando abbiamo decifrato il codice genetico, ovvero l’alfabeto e la grammatica chimica basati su Rna e Dna che gli esseri viventi usano per scambiare informazione e per impartire ordini al complesso macchinario che sostiene la nostra esistenza. Se i vaccini a Rna, come questo di Pfizer e BionTech, dovessero funzionare, significherebbe che siamo riusciti a trasmettere il giusto “messaggio” alle cellule del nostro organismo, parlando la loro lingua, per far loro produrre ciò che serve ad addestrare il sistema immunitario contro un virus.
Un messaggio che possiamo produrre facilmente – molto più facilmente degli attuali vaccini – e che possiamo adattare alla bisogna per sperare di neutralizzare ogni mutazione che dovesse emergere in futuro in questo o altri virus, sequenziando rapidamente i patogeni emergenti, producendo i messaggi giusti e “parlando” al nostro sistema immune perché impari a riconoscere il patogeno prima di esservi esposto. Il tutto sfruttando le leggi della chimica e le conoscenze della biochimica acquisite sostanzialmente in un trentennio e impiegate grazie a una serie di ingegnosi avanzamenti tecnologici nel trentennio successivo. Ecco: se i vaccini di Pfizer/Biontech e quello di Moderna dovessero funzionare, quello che si otterrà non è solo un’arma contro un particolare virus, ma il modo di parlare la lingua del nostro corpo, per istruirlo a dovere e formarlo agli agenti infettivi sul suo cammino.