“Direi ancora dieci giorni”. Per fare cosa? “Per capire se questa situazione è sostenibile oppure no”. E dopo di che? “Dopo di che non so se sarà ancora possibile avere regioni con un colore diverso dal rosso”. Flavia Petrini è un personaggio cruciale di questa pandemia e da presidente della Società italiana di anestesia, rianimazione e terapia intensiva è il medico che ogni giorno tutti cercano per provare a fotografare lo stato di salute del nostro paese. Petrini, che è componente anche del Cts, è conosciuta da molti osservatori per il suo essere ottimista. Ma arrivati a questo punto della pandemia Petrini confessa di essere estremamente preoccupata. Non solo per questioni legate ai numeri, ai numeri delle terapie intensive, che da giorni hanno superato la soglia del 30 per cento dei posti occupati a livello nazionale, con picchi del 35 in Emilia-Romagna, del 39 in Liguria, del 52 in Lombardia, del 41 nelle Marche, del 53 in Piemonte, del 61 a Bolzano, del 32 in Sardegna, del 44 per cento in Toscana, del 60 in Umbria, del 47 in Valle d’Aosta. Ma anche per questioni legate a un senso di confusione generale che, secondo Petrini, riguarda almeno quattro ambiti diversi: lo sfilacciamento del rapporto tra regioni e stato, la comunicazione deficitaria dei dati sulla pandemia, i messaggi fuorvianti offerti da alcuni esperti, la scarsa consapevolezza della gravità della situazione da parte dei cittadini.
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