cattivi scienziati
Un vaccino vale l'altro
Dai diversi tentativi allo studio ci si può attendere caratteristiche simili di tollerabilità e immunogenicità. Tutti gli effetti collaterali osservati si risolvono rapidamente (al massimo pochi giorni). La sicurezza e la tollerabilità dei cinque vaccini appaiono quindi alte e simili in tutti i casi
Se è corretta l’idea principale che sta dietro lo sviluppo delle centinaia di vaccini diversi contro Sars-CoV-2 – cioè che la risposta anticorpale indotta contro la proteina Spike del virus, impedendo il riconoscimento del recettore umano ACE2, blocca l’infezione – tutto sommato sarebbe ragionevole aspettarsi che un po’ tutti i vaccini dovrebbero avere efficacia paragonabile, effetti collaterali non troppo diversi e in generale funzionare o non funzionare più o meno allo stesso modo. Viceversa, se la letteratura scientifica dovesse presentare qualche vaccino come molto più efficace degli altri, sarebbe lecito chiedersi come mai, dato che l’antigene utilizzato è sostanzialmente lo stesso, così come il dosaggio. Certo, qualche adiuvante potrebbe ben fare la differenza; ma comunque una spiegazione sarebbe necessaria.
Per cercare di capire quale sia attualmente lo stato delle cose, possiamo guardare a un interessante pre-print appena pubblicato, il quale ha per oggetto la conduzione di una meta-analisi su tutti i vaccini fin qui sperimentati, restringendosi ai dati clinici e mettendo a paragone gli effetti collaterali e l’efficacia.
Gli autori del pre-print, dopo una selezione sufficiente, giungono a identificare 43 studi diversi; fra questi, cinque studi in doppio cieco, controllati con placebo, sono quelli per i quali gli autori della meta-analisi hanno reperito tutte le informazioni necessarie (o direttamente nella pubblicazione originale o perché gli autori, contattati, hanno fornito accesso ai dati eventualmente mancanti). Qui non ci interessa discutere se vi siano problemi nell’analisi degli autori, non ancora revisionata; ci interessa invece che, qualunque sia l’esito del loro lavoro, questi cinque studi corrispondono a cinque diversi vaccini, di cui due basati su virus inattivato, uno su vettore adenovirale (adenovirus 5), uno su Rna (il vaccino Pfizer-Biontech) e uno su proteina spike ricombinante (cioè prodotta artificialmente e usata per indurre l’immunità). Come si vede, si tratta di vaccini con caratteristiche diversissime, che hanno in comune solo l’antigene principale (la proteina spike); per il resto, dosaggio, natura chimica, provenienza dei gruppi di ricerca e ogni altra caratteristica non potrebbero essere più diversi.
Eppure, nelle prove in doppio cieco contro placebo su un totale di 1.604 soggetti (nessuno studio di fase 3 è ancora pubblicato), questi vaccini appaiono rimarchevolmente simili. Innanzitutto, per tutti i vaccini si osserva come atteso una certa incidenza di effetti collaterali lievi a livello locale (rossore, prurito, dolore, superficiale infiammazione) maggiore rispetto al placebo, mentre da un punto di vista statistico non sono descritti effetti collaterali statisticamente differenti fra il gruppo dei vaccinati e quello trattato con placebo (il che, naturalmente, non esclude che occasionali effetti anche gravi possano manifestarsi, soprattutto in fase 3). Tutti gli effetti collaterali osservati si risolvono rapidamente (al massimo pochi giorni). La sicurezza e la tollerabilità dei cinque vaccini appaiono quindi alte e simili in tutti i casi.
Ai giorni 14, 21, 28 e 35 dopo la vaccinazione, in tutti i casi si osserva un innalzamento significativo e paragonabile di anticorpi IgG specifici per il virus; quel che più importa, la frazione di anticorpi capaci di bloccare l’infezione virale – gli anticorpi neutralizzanti – risulta parimenti molto superiore al gruppo di controllo per tutti i cinque vaccini a partire da due settimane dopo la vaccinazione e almeno fino al giorno 35 (oltre non si dispone di dati sufficienti). Anche l’immunogenicità dei cinque vaccini testati, in definitiva, appare simile nonostante le differenze fra i vaccini.
L’altro aspetto interessante è che se si includono nell’esame alcuni dei vaccini che gli autori hanno escluso dalla loro meta-analisi, o perché i dati non fossero completi o perché non ancora sperimentati in doppio cieco contro placebo, i risultati sono ancora perfettamente compatibili con quanto osservato nei cinque studi di miglior qualità. Per esempio, il vaccino di Astra Zeneca, basato su adenovirus di scimpanzè, è stato sperimentato in singolo cieco; tuttavia, se si va a vedere il dettaglio dei risultati descritti, esso non appare inferiore o superiore agli altri, così come a questo punto potremmo attenderci (anche se nel modello animale questo vaccino non ha bloccato la replicazione del virus nelle vie aeree superiori).
Alla luce di quanto trovato, che è indipendente dalla sorte del pre-print discusso, possiamo essere ragionevolmente sicuri che qualunque sia il vincitore della gara – o meglio qualunque sia il gruppo che arriverà al traguardo – le caratteristiche medie di tollerabilità e immunogenicità sono attese molto simili, ragion per cui anche l’efficacia finale dal punto di vista profilattico non dovrebbe risultare molto diversa; così, anche se dovessimo aver puntato sul “cavallo” sbagliato, i rimpiazzi dovrebbero comunque essere soddisfacenti.
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