La tenuta è un mix di fortuna e gestione lungimirante. Dalle intuizioni dello Spallanzani alla presenza di strutture ospedaliere tra le più grandi d’Europa, passando per la gestione oculata fatta dall'amministrazione regionale. Così la sanità laziale ha retto l'impeto della pandemia
A Roma i medici di base hanno iniziato a effettuare i test antigenici ai loro pazienti negli studi già da alcuni giorni. Si trattava però di poche centinaia. Nei prossimi l’attività dovrebbe iniziare ad avere dimensione più significative. Le Asl stanno distribuendo i primi 50 mila test (dei 200 mila totali) con i relativi dispositivi di protezione individuale. “In questa fase – dice l’assessore alla Sanità Alessio D’Amato – i test rapidi rappresentano un valido strumento di screening per individuare precocemente sospetti casi positivi. Presto avremo anche a disposizione i test differenziali che discriminano il Covid dall’influenza stagionale”. I test sono stati inviati dalla Protezione civile nazionale che ne ha acquistati 2 milioni (al costo di 30 milioni) da distribuire ai medici di tutta Italia. Non saranno strumenti di diagnosi diretti, ma faranno da filtro per indirizzare gli eventuali positivi ai drive-in per l’esecuzione del test molecolare. Si aggiunnge così l’ennesimo tassello al piano regionale per affrontare l’epidemia. Il Lazio, insomma, resiste. La Regione rimane una delle poche zone d’Italia colorata ancora di giallo. E nonostante negli ospedali non manchino le criticità e sebbene tanti continuino a lamentare le difficoltà nel fare il tampone le cose vanno indubbiamente meglio che altrove. Ma com’è accaduto? La tenuta del Lazio è un mix di fortuna e gestione lungimirante.
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