cattivi scienziati
La grande conquista
I vaccini a Rna, un successo oltre il Covid. Un messaggio al nostro corpo per reagire anche a nuovi patogeni
Sono stati 14.844 i nuovi contagi da coronavirus ieri in Italia (lunedì erano stati 12.030), emersi da oltre 162 mila tamponi. Il Veneto resta la regione più colpita in questi giorni. Ancora molto alto il numero dei decessi: solo ieri 846. Come è naturale che sia, durante questo periodo la nostra attenzione si focalizza sul presente o sul futuro immediato. Ci interessa ciò che sta accadendo adesso, perché si tratta di eventi eccezionali, oltretutto resi tali anche nella percezione dal volume di notizie che ci colpisce.
E ci interessa ciò che accadrà nell’immediato futuro, perché speriamo di poterci lasciare alle spalle quanto prima la catastrofe che stiamo vivendo e perché spiamo ogni più piccolo segno di un incipiente miglioramento o peggioramento della situazione. Tuttavia, credo sia importante sollevare lo sguardo oltre questo particolare virus, oltre la corsa che la ricerca scientifica sta facendo per assicurarci un rimedio, oltre il dibattersi della politica e dei governi per conciliare esigenze, proteste e disfunzioni palesi.
Per farlo, vorrei utilizzare un metro semplice, consistente nell’identificazione di ciò che, a grande scala, non è cambiato e ciò che invece è cambiato, probabilmente per sempre. Dunque vediamo: innanzitutto, consideriamo il panorama generale, da un punto di vista epidemiologico, indipendentemente dall’emersione di Sars-CoV-2. Dato un certo periodo di tempo, una nuova emersione, anche di patogeni peggiori dell’attuale, non è una semplice possibilità: è una probabilità non trascurabile, il che significa che, andando avanti nel futuro, diventa una certezza statistica. Come l’eruzione del Vesuvio o un terremoto catastrofico a San Francisco, possiamo essere sicuri che altre pandemie, anche più gravi dell’attuale, arriveranno. Questo perché ciò che favorisce l’innesco, ovvero il sovraffollamento di alcune specie entro cui qualunque virus può rapidamente diversificarsi, è non solo naturale – pensiamo alle famose caverne di pipistrelli, magari a quelle messicane o quelle africane, invece che a quelle cinesi – ma è artificialmente incrementato, se consideriamo gli allevamenti intensivi e la stessa popolazione umana.
Inoltre, la connettività rapida degli individui di queste specie ai quattro angoli del globo è sostanzialmente ancora intatta. Dal punto di vista del “gene egoista”, la sovrappopolazione di specie animali diverse (inclusa la nostra) rappresenta nulla più che una sterminata fonte di energia per la replicazione e la sperimentazione di nuove varianti di un’infinità di piccoli codici genetici (virali o di altri parassiti), i quali tanto più esplodono – creando pandemie – tanto più rapidamente si adattano a conquistare ancora più spazio evolutivo. Come ormai dovremmo sapere, questo processo non comporta affatto l’evoluzione di una rapida serie di caratteristiche benigne, soprattutto quando sono tante le specie a essere parassitabili (come nel caso di Sars-CoV-2).
Inoltre, e ormai anche questo dovrebbe essere chiaro, l’essere umano non è in grado di attuare una risposta comportamentale totalmente efficace in società affollate come quelle in cui siamo abituati a vivere: comportamenti devianti rispetto alle raccomandazioni per il contenimento sono inevitabili a causa della nostra stessa natura psicologica e cognitiva, il che significa che i patogeni della nostra specie hanno sempre una possibilità di continuare a circolare, data la scala raggiunta dalle nostre comunità.
Questi sono punti fermi, che a mio parere difficilmente cambieranno dopo la fine della pandemia in atto. Tuttavia, qualcosa è invece cambiato per sempre, proprio a causa del pericolo costituito da Sars-CoV-2. Di fatto, abbiamo colto il primo frutto su scala globale della rivoluzione iniziata con l’avvento della biologia molecolare. Abbiamo potuto leggere in una decina di giorni il genoma di un nuovo patogeno emergente, abbiamo potuto caratterizzarne in poco più di un mese il modo di funzionamento a un livello sufficiente da capire quale fosse un bersaglio molecolare utile da colpire per fermarlo, abbiamo potuto “evolvere” nella nostra mente un contro-genoma, rappresentato dai vaccini a Rna, che funzionasse da messaggio in bottiglia per il nostro sistema immunitario, in modo da creare un vaccino, che è pronto e funzionante in modo decente dopo 11 mesi dall’inizio della pandemia.
Questo modo di procedere, se ciò che si è visto anche ieri con il parere sul vaccino di Moderna sarà confermato dopo le prime vaccinazioni di massa, significa che abbiamo cominciato a dare messaggi al nostro corpo, per reagire a un patogeno, senza cambiare il nostro Dna, e potendo rapidissimamente ripetere il processo se nuovi mutanti emergeranno o se altri patogeni arriveranno. A patto che non si scoprano controindicazioni che oggi non si vedono, potremo andare anche oltre i virus, e per esempio guardare al cancro o alla produzione di proteine utili per il nostro corpo, come insegnano i trial clinici in corso e condotti da più di un’azienda.
Per la prima volta nella storia evolutiva del nostro pianeta, l’evoluzione darwiniana di un genoma patogeno è stata fronteggiata dall’evoluzione culturale di informazione genetica atta a contrastarlo: questo solo fatto può cambiare per sempre il paesaggio in cui si muovono i “geni egoisti”, permettendo alla selezione culturale di agire alla stessa rapidità con cui funzionano alcuni dei più veloci processi di evoluzione che esistono in natura. Sempre che, naturalmente, i nostri bias culturali e la nostra conformazione profondamente antiscientifica non prendano il sopravvento; perché se questo accadrà, il tracciamento dei nuovi pericoli (per esempio mediante campionamento e sequenziamento genetico), così come una risposta fondata sulla velocità del pensiero razionale nell’elaborare possibili soluzioni, annegheranno tutti nel mare delle credenze sbagliate e del negazionismo scientifico, che crede che esistano alternative alla ricerca e ai suoi ritrovati per mantenere un pianeta in cui decine di miliardi di individui di pochissime specie (noi e i nostri animali domestici e commensali) devono cercare di preservarsi dall’estinzione.