(foto LaPresse)

Zone rosse e riapertura delle scuole. Cosa succede dal 7 gennaio

redazione

Dal fine settimana nuove restrizioni per limitare il contagio. Si studia una zona bianca per riaprire cinema e palestre. Mentre in Friuli e Veneto gli studenti delle superiori torneranno in aula dopo il 31 gennaio

Che la lotta al Covid non possa considerarsi conclusa, che l'inizio del nuovo anno e la fine delle festività natalizie non corrispondano a un rompete le righe generalizzato, il governo ha l'obiettivo di renderlo chiaro sin da subito. Si spiegano con un sovrappiù di cautele le riunioni di questi giorni col comitato tecnico scientifico, i capi delegazione di maggioranza, le regioni e gli enti locali. Anche perché la priorità manifesta dell'esecutivo è assicurare alle scuole la possibilità di riaprire in sicurezza alla data prefissata giusto un paio di settimane fa, il 7 gennaio. Anche se "la cosa più importante non è tanto riaprire le scuole ma cercare di tenerle aperte, non rischiare di doverle richiudere tra qualche settimana", come ha detto il segretario del Comitato tecnico scientifico, Fabio Ciciliano, in un'intervista a InBlu Radio, il network delle radio cattoliche della Cei. 

 

In teoria il 7 gennaio tutta Italia si ritroverà in zona gialla, condizione che non si verifica da ottobre (a poche ore dall'ingresso in zona rossa per le festività natalizie, infatti, c'era ancora l'Abruzzo in zona arancione a vanificare l'estetica del monocolore). Vorrebbe dire bar e ristoranti aperti alla consumazione fino alle 18, serrande alzate per le attività di ogni categoria merceologica. Una riapertura troppo poco graduale, ragiona la cosiddetta area rigorista del governo, per gestire un tasso di positività che nell'ultima settimana è oscillato tra il 13 e il 17 per cento. A maggior ragione se uno come il consulente del ministro Speranza Walter Ricciardi viene mandato a dire, come ha fatto sibillinamente questa mattina alla Stampa, che “entro due settimane avremo un aumento dei contagi non banale” e che le misure attualmente in vigore sono da considerarsi insufficienti per scongiurare il rischio di una terza ondata.

 

   

7 e 8 gennaio unici giorni in zona gialla

È il motivo per cui il governo sta studiando una ricalibratura delle misure restrittive. Se dal 24 dicembre al 6 gennaio nei giorni festivi e prefestivi si è entrati in zona rossa salvo i giorni feriali in zona arancione, per il 7 e 8 dicembre varranno le regole della zona gialla, ma solo a patto di ripiombare in zona arancione sabato 9 e domenica 10 gennaio. Per un fine settimana in cui ristoranti e bar tornerebbero a lavorare solo con l'asporto, mentre i negozi avrebbero la possibilità di rimanere aperti fino alle 21 (ad eccezione dei centri commerciali, che dovranno rimanere chiusi). Gli spostamenti tra regioni e tra comuni, va da sé, rimarranno vietati se non per le urgenze sanitarie e lavorative. Si potrà continuare a far visita a un altro nucleo familiare se a spostarsi saranno non più di due persone, una sola volta al giorno. Ricalcando in toto quanto osservato durante le feste.

 

Dalla settimana successiva, 11-15 gennaio, la collocazione delle regioni nei diversi scenari di rischio tornerà a dipendere dal monitoraggio della cabina di regia, che venerdì si riunirà e pubblicherà il nuovo rapporto settimanale sull'andamento dell'epidemia sul territorio nazionale. Proprio ieri il governo ha recepito una modifica dei criteri studiati tra gli altri dall'Istituto Superiore di Sanità per fronteggiare l'emergenza: per essere ricomprese nelle zone arancioni, oltre ad altri criteri come l'occupazione dei posti letto e la facilità di attivarne di nuovi, basterà un Rt superiore o uguale a 1 (prima era 1,25). Si finirà in zona rossa con un Rt uguale a 1,25 (rispetto all'1,5 delle rilevazioni precedenti).

 

L'ipotesi zona bianca

Per venire incontro alle richieste di maggiore flessibilità, il governo sta inoltre predisponendo l'istituzione di una zona bianca, più tenue rispetto alla gialla, che permetterebbe dal 15 gennaio in poi la riapertura delle piscine, delle palestre, delle sale cinematografiche, dei teatri e dei musei. Dal 18 gennaio, com'è noto, secondo quanto delineato da un protocollo sottoscritto dal ministero della Salute e gli operatori sciistici, dovrebbe ripartire la stagione invernale sulle piste di tutta italia.

 

  

Le scuole riaprono il 7 gennaio?

Nell'accordo sottoscritto prima di Natale dai presidenti di regioni, dal governo e dall'Anci, era previsto che dal 7 gennaio si tornasse nelle aule in tutta Italia, con un tasso di riempimento in presenza per le scuole superiori fissato al limite del 50 per cento. Un obiettivo che sia il premier Conte sia la ministra Azzolina considerano irrinunciabile. Anche se le rimostranze di una parte della stessa maggioranza, oltre che dei governatori di ogni schieramento sta facendo a mano a mano che passano i giorni incrinare questa certezza. Oggi sia il Friuli-Venezia Giulia che il Veneto hanno annunciato che gli studenti delle scuole secondarie superiori torneranno nelle aule non prima del 31 gennaio. "Non ci sembra prudente in una situazione epidemiologica in Italia riaprire le scuole. Questo è ciò che dobbiamo fare per il bene della comunità", ha spiegato il presidente Zaia.

 

Ma gli esponenti leghisti non sono soli a lanciarsi in questa operazione in dissenso. Ancora ieri il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano non ha escluso una settimana di vacanza in più, mentre Vincenzo De Luca in Campania vorrebbe scaglionare il ritorno nelle aule prevedendo la didattica in presenza per la metà degli studenti delle superiori alla fine del mese.

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