Arcuri risponde alle domande del Foglio sul vaccino italiano di ReiThera
Abbiamo chiesto al commissario di chiarire 10 punti sull’operazione da 81 milioni tra Invitalia e ReiThera, con qualche considerazione sul sovranismo vaccinale. Risposte. E repliche
Al direttore - In riferimento all’articolo “Il vaccino Invitaliano” pubblicato mercoledì scorso sul Foglio, la Struttura del Commissario Straordinario all’Emergenza, Domenico Arcuri, ha raccolto le risposte del Professor Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani, della dottoressa Antonella Folgori, presidente di Reithera, e del Dottor Nicola Magrini, direttore fenerale dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa). Siamo però tenuti a una doverosa premessa.
Chi è impegnato nella divulgazione scientifica dovrebbe tenere conto che i dati presentati nel corso di conferenze stampa sono utili a fornire notizie ai quotidiani di informazione generale. Per contro, l’analisi critica delle evidenze prodotte da uno studio clinico, nell’interezza della loro complessità, trova la sua sede naturale nella revisione tra pari e nei congressi scientifici internazionali. Nello specifico, i risultati dello studio nella sua interezza verranno resi accessibili attraverso i canali e rispettando quei requisiti di trasparenza e qualità propri delle pubblicazioni scientifiche che seguono un percorso di revisione tra pari (peer-reviewing).
Veniamo adesso alle vostre domande.
1) Qual è la reale efficacia in termini di induzione di anticorpi neutralizzanti su tutte le coorti sottoposte a vaccinazione in fase 1?
Attualmente sono stati già sottoposti al percorso di peer-reviewing i risultati per le prime quattro settimane dopo la vaccinazione con GRAd-CoV2 di 45 soggetti tra i 18 ed i 55 anni (coorte 1). Questi risultati corrispondono alla prima analisi interim prevista dal protocollo di studio. Una seconda analisi interim è prevista al raggiungimento delle 4 settimane dopo vaccinazione anche nella seconda coorte di studio, quella degli anziani (65-85 anni di età). L’analisi di questi dati ha messo in evidenza che a quattro settimane da una singola somministrazione di vaccino, oltre il 90% dei soggetti mostravano livelli di anticorpi neutralizzanti misurabili con il saggio plaque reduction neutralization test 50 (PRNT50). Questo saggio è considerato lo standard di riferimento (gold-standard) per valutare i titoli anticorpali neutralizzanti contro SARS-CoV-2. (Lau EHY et al. Nat Commun. 2021; Perera RA. et al Eur Surveill. 2020) .
2) Come si giustifica la minore efficacia nell’indurre risposta anticorpale neutralizzante da parte del vaccino rispetto al gruppo di controllo, evidente dai dati mostrati in conferenza stampa?
I “cosiddetti” controlli sono costituti da un gruppo di soggetti selezionati per avere titoli di anticorpi neutralizzanti molto elevati, essendo tutti pazienti ospedalizzati. Questi sono serviti come “controllo” verso l’alto, utile al controllo di qualità dei test eseguiti, e non possono essere usati per inferire sulla potenziale efficacia clinica del vaccino che, come è – o dovrebbe essere - noto, non è oggetto di studi di fase 1. L’efficacia clinica del vaccino, ovvero la capacità degli anticorpi prodotti nel prevenire la malattia o l’infezione, è appunto la ragione per la quale è stato disegnato lo studio di fase 2/3.
3) Quanto è efficace il vaccino nell’indurre anticorpi neutralizzanti, a paragone per esempio dei dati ottenuti da Moderna, dei quali si continua da parte di importanti figure istituzionali a ripetere che si avrebbe la stessa o superiore efficacia?
Come è ben noto a chi si occupa di ricerca scientifica, è sempre difficile fare paragoni diretti delle evidenze prodotte da studi che utilizzano disegni sperimentali e sistemi di rilevazioni differenti. Tuttavia, nello studio Moderna (Jackson LA, N Engl J Med. 2020) la produzione di anticorpi neutralizzanti a 4 settimane dalla prima somministrazione è stata saggiata con test inhibitory dilution 50 (ID50), il quale ha dimostrato che a 4 settimane dalla singola somministrazione di vaccino meno del 50% dei soggetti aveva anticorpi neutralizzanti. La proporzione di soggetti con anticorpi neutralizzanti passava al 100% dopo la somministrazione di una seconda dose. Risultati simili sono stati ottenuti negli studi di fase 1 con il vaccino Pfizer/Biontech (Walsh EE N Engl J Med. 2020) 3 settimane dopo la prima somministrazione. Nello studio del vaccino GRAd-COV2 la produzione di anticorpi neutralizzanti è stata saggiata con test PRNT50 il quale ha dimostrato che a 4 settimane dalla somministrazione di vaccino oltre il 90% dei soggetti aveva anticorpi neutralizzanti. Gli studi di fase 3 Moderna (Baden LR et al N Engl J Med. 2020) e Pfizer (Polack FP N Engl J Med. 2020) non presentano dati su saggi per la valutazione di anticorpi neutralizzanti. Si sta infine valutando se, nello studio di fase 2 del vaccino GRAd-COV2, prevedere anche uno schema vaccinale a due somministrazioni, proprio nell’ipotesi che una seconda dose possa ulteriormente aumentare i già buoni livelli di anticorpi dimostrati nello studio di fase 1.
4) Qual è la reale efficacia nell’induzione di risposta T da parte del vaccino, posto che nei dati mostrati in conferenza stampa per lo staining intracellulare si osservano valori piuttosto bassi e soprattutto manca il controllo di benchmark?
Lo ripetiamo: i dati presentati in una conferenza stampa non sono utili all’analisi di quei complessi aspetti che sono materia propria della valutazione di comitati tecnico-scientifici internazionali. Tuttavia, un’attenta lettura dei dati presentati, mostra che GRAd-COV2 è capace di indurre una robusta risposta T diretta verso il proprio bersaglio molecolare: la proteina Spike di SARS-CoV-2. Gli eccellenti risultati sono stati confermati con due metodiche sperimentali diverse: il test ELISpot e la citofluorimetria a flusso multiparametrica. In particolare, i risultati del test ELISpot evidenziano una risposta cellulare T specifica contro la proteina S molto intesa in tutti e tre i bracci dello studio. Si tratta di risultati attesi: è noto lo straordinario potenziale dei vaccini basati su vettori adenovirali nell’evocare la risposta cellulare T. Le analisi condotte sui dati di marcatura intracellulare e citometria avevano due scopi principali: identificare il subset di linfociti (CD4 o CD8) predominante e analizzare il tipo differenziamento funzionale indotto dalla vaccinazione. I risultati hanno mostrato la capacità del vaccino di indurre una risposta sia CD4 che CD8 con frequenze simili a quelle riportate in altri trial vaccinali con vettori adenovirali (Sadoff J N Eng J Med 2021) e, nel caso di vaccini a RNA, solo dopo la seconda dose. La frequenza di cellule CD4 e CD8 specifiche per Spike misurate mediante citometria è paragonabile a quelle ottenute con il test ELISpot. Infine, la polarizzazione del differenziamento delle cellule specifiche è verso un profilo Th1, con produzione IFN-γ e IL-2. Nei test citofluorimetrici non sono stati inseriti come controllo di qualità i linfociti di pazienti convalescenti perché non utili ai fini degli obiettivi dell’analisi. Tuttavia, per ogni volontario, è stato eseguito un controllo di immunocompetenza e una verifica di qualità strumentale.
5) Perché si è scelto di finanziare un progetto basato su una tecnologia, quella degli adenovirus di scimmia, che è la stessa di vaccini in stadio di sviluppo molto più avanzato come quello di AstraZeneca?
E allora nemmeno Pfizer avrebbe dovuto investire sullo sviluppo del vaccino a mRNA di BioNTech perché già Moderna stava facendo lo stesso. E nemmeno Gamaleya, Cansino e Johnson e Johnson avrebbero dovuto investire tutte sul vettore adenovirale. Per non parlare delle decine di vaccini che utilizzano proteine ricombinanti. Ad oggi nel mondo sono in fase clinica oltre 70 vaccini. La verità è che abbiamo bisogno di più vaccini, anche di diversi tipi: la storia di questi ultimi mesi ci ha mostrato che vaccini considerati più avanti degli altri (Sanofi) possono incontrare difficoltà davanti a territori scientifici inesplorati. Abbiamo bisogno di più vaccini anche perché oggi non sappiamo quali potrebbero rivelarsi più efficaci per prevenire l’infezione o bloccare la trasmissione, oppure quali saranno più più efficienti nell’immunizzazione di gruppi speciali della popolazione ad elevato rischio. Abbiamo bisogno di più vaccini, infine, perché la vaccinazione contro il coronavirus potrebbe diventare periodica come quella anti-influenzale.
6) Perché l’investimento di denaro da parte di un’agenzia pubblica avviene prima che siano disponibili e validati dalla comunità scientifica solidi dati che permettano di valutare l’efficacia e la sicurezza del vaccino di ReiThera?
Il Contratto di sviluppo prevede agevolazioni a sostegno di due diverse tipologie di investimenti: uno, produttivo, finalizzato all’ampliamento dello stabilimento, con l’obiettivo di produrre dal 2021 almeno dieci milioni di dosi al mese; l’altro, in ricerca industriale, per l’esecuzione e la validazione dei test clinici di fase 2 e 3 sul vaccino “GRAd COV2”. Non si finanzia, come sostenuto, il vaccino tout court ma, in coerenza con la normativa, l’ampliamento infrastrutturale dello stabilimento - anche con l’obbiettivo indiretto di rafforzare l’offerta industriale della farmaceutica italiana - e la realizzazione di un programma di ricerca e sviluppo volto alla prosecuzione ed accelerazione dell’attività per la sperimentazione del vaccino. Come è ovvio che sia per qualsiasi attività di ricerca e sviluppo, i risultati conseguibili sono intrinsecamente incerti. La base di partenza scientifica e gli esiti della sperimentazione di fase 1, in questo caso, sono risultati solidi e giudicati positivamente dall’esperto scientifico indipendente che li ha valutati, evidenziando, inoltre, la duttilità del prodotto anche per la cura di altre patologie. Spetta alle agenzie competenti valutare efficacia e sicurezza del vaccino all’esito della fase 2 e 3 della sperimentazione. Aggiungiamo che, come è noto, il governo tedesco ha finanziato BioNTech con centinaia di milioni di euro prima ancora che il vaccino esistesse materialmente. Stesso comportamento degli Usa con Warp Speed. Del resto, se la mano pubblica non intervenisse finanziariamente a sostegno della ricerca, dello sviluppo e della produzione farmaceutica non si sarebbe mai arrivati a realizzare vaccini efficaci in meno di un anno. DEVEX, il database dei finanziamenti mondiali quantifica in 39,5 miliardi di dollari gli investimenti erogati ad agosto 2020, perlopiù da governi e organizzazioni bilaterali e multilaterali, per finanziare la ricerca e lo sviluppo di vaccini.
7) Quale processo di valutazione competitiva, e in paragone a quali progetti di ricerca alternativi, ha portato alla scelta di investire a più riprese quasi 100 milioni di euro pubblici, della regione Lazio prima e di Invitalia poi?
Invitalia ha da tempo avviato uno scouting specifico ed ha già avuto, e continua ad avere, interlocuzioni con altre società operanti nel medesimo settore di Reithera e interessate allo stesso beneficio. Non solo: alcune di esse hanno già presentato la proposta di investimento, per la quale è stato avviato lo stesso iter valutativo. Il procedimento amministrativo - previsto e regolato dalla legge - che ha portato Reithera all’ammissione ai benefici è ad istanza di parte: a fronte della presentazione di una apposita istanza da parte della società, il procedimento accerta che il progetto industriale presentato sia sostenibile da un punto di vista economico- finanziario, cantierabile e, con riferimento al progetto di ricerca e sviluppo, valido da un punto di vista tecnico - scientifico. Se queste analisi danno esito positivo, il progetto viene ammesso alle agevolazioni nei limiti delle risorse finanziarie disponibili. Non è prevista, quindi, nessuna valutazione comparativa tra progetti concorrenti, ma vengono considerate le prospettive di sostenibilità e di mercato delle produzioni realizzate dalle imprese. Invitalia, come detto, ha già in corso interlocuzioni con altre imprese aventi sede in Italia interessate alla produzione di vaccini e farmaci utili al contrasto della pandemia. ReiThera rientra nel novero di imprese del settore che ha raggiunto risultati più certi ed avanzati per la commercializzazione del vaccino. Si ritiene, anzi si auspica, che non sia la sola ad ottenere questo beneficio agevolativo.
8) Considerato che ReiThera è parte dall’aprile 2020 di un consorzio paneuropeo con due aziende estere, la tedesca Leukocare e la belga Univercells, consorzio dedicato alla preparazione e sperimentazione del vaccino, quali parti della proprietà intellettuale necessaria alla produzione del vaccino non sono in possesso di Reithera, e che ruolo avranno in futuro le due aziende estere?
Il consorzio è stato costituito a supporto dello sviluppo del vaccino creando delle sinergie tra le tre società che hanno competenze e ruoli diversi. Le due società europee sono complementari a Reithera. Univercells è in grado di affiancarla nella produzione su larga scala del vaccino, qualora fosse necessario in caso di successo. Mentre Leukocare lavora sulla stabilità a lungo termine del vaccino da conservare tra i 2 e gli 8°C. Reithera è in possesso della totalità della proprietà intellettuale necessaria ad avere libertà operativa nella produzione del vaccino, sia a supporto degli studi clinici che, successivamente, della registrazione.
9) Considerato che alla formazione del consorzio nel 2020 si erano promesse 6 milioni di dosi per l’inizio del 2021, quanto è stato effettivamente realizzato di questo obiettivo, anche alla luce dell’annunziata capacità di produrre 100 milioni di dosi in un anno?
La collaborazione strategica del consorzio era finalizzata allo sviluppo e alla manifattura su larga scala del vaccino. Gli iniziali 6 milioni di dosi, originariamente previsti, erano un obiettivo di produzione che – in assenza di congrui finanziamenti a supporto – non sono stati ancora prodotti. Tuttavia, la capacità produttiva di Reithera è stata incrementata, in tempi record, con l’espansione della attuale officina farmaceutica. È stato realizzato un nuovo reparto indipendente e completamente dedicato alla produzione su larga scala che impiegherà fermentatori che arrivano a 3000 litri di volume complessivo. La validazione del nuovo reparto di produzione è in corso. Il nuovo reparto è stato intanto realizzato con investimenti di mezzi propri e sarà completato con il supporto che arriverà dal contratto di Sviluppo di Invitalia.
10) Come mai il direttore generale di Aifa, Nicola Magrini, ha partecipato alla conferenza stampa di presentazione di risultati assolutamente preliminari, sui quali ha più volte già espresso un giudizio lusinghiero, visto che il suo ruolo sarebbe quello terzo di pronunziarsi sui dati completi, dopo l’approvazione del vaccino da parte di Ema?
Nessuna meraviglia che AIFA sia presente in momenti importanti per l’avvio di una terapia promettente, tutta italiana in questo caso. L’AIFA, con il suo Direttore Generale, era presente anche in occasione delle altre visite effettuate dal Ministro nei principali stabilimenti italiani a vario titolo impegnati in questo momento nella produzione dei vaccini. AIFA, infatti, collabora costantemente con le Regioni, con l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e con gli istituti di ricerca a carattere scientifico (IRCSS), le Associazioni dei pazienti, i Medici e le Società Scientifiche, il mondo produttivo e distributivo. Non solo, favorisce e premia gli investimenti in ricerca e sviluppo in Italia, promuovendo l’innovatività nonché la conoscenza e la cultura sul farmaco, anche in relazione alle best practices internazionali. Del resto, spetta all’EMA – è utile ribadirlo – effettuare la valutazione scientifica dei benefici e rischi di ogni vaccino nonché la supervisione e il controllo della sicurezza dei medicinali per uso umano e veterinario nell’UE per l’approvazione. Va anche ricordato che è stato formalizzato un processo di monitoraggio costante dello sviluppo di dati e conoscenze scientifiche sui vaccini per i quali la conoscenza tempestiva dei dati da parte delle agenzie regolatorie è essenziale – senza per questo interferire con la correttezza delle procedure – a creare percorsi alternativi a quelli ufficiali.
Per concludere, quanto alla “qualche indipendenza nella dotazione di vaccini” crediamo bastino le cronache di questi giorni per comprenderne la portata e il significato. La partnership tra tutti i paesi dell’Unione Europea, che ha condotto all’acquisto centralizzato dei vaccini, come è stato ripetutamente dichiarato nelle settimane scorse, “è e resta una bella pagina dell’Europa che va fatta proseguire”. Produrre un vaccino in Italia, in dosi cospicue, potrà essere di ausilio al contrasto della pandemia per i cittadini italiani ma anche per quelli europei. E sarebbe un risultato di certo considerato importante tanto in Italia quanto in Europa.
Domenico Arcuri, commissario straordinario all’Emergenza
prof. Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Inmi Spallanzani
D.ssa Antonella Folgori, presidente di ReiThera
Nicola Magrini, direttore generale di Aifa
Rispondono Enrico Bucci e Luciano Capone
Si dice che chiedere è un diritto, e rispondere una cortesia: innanzitutto quindi corre l’obbligo di ringraziare per questa risposta il dott. Domenico Arcuri, il prof. Giuseppe Ippolito, la dott.ssa Antonella Folgori e il dott. Nicola Magrini. Nel merito, quanto hanno scritto, in massima parte, non fa che confermare le nostre osservazioni iniziali, soprattutto per quanto riguarda il fatto che si è scelto di fare una comunicazione – che oggi scopriamo “rivolta ai giornalisti” (ma allora perché mostrare dati?) – descrivendo tutto come un grande successo, ma senza permettere a chi ha le competenze per valutare di ragionare su dati e risultati disponibili ed aperti; il tutto per arrivare poi a giustificare il finanziamento, come non da noi, ma dagli stessi protagonisti delle comunicazioni di queste settimane si è continuamente fatto osservare. Fatta questa premessa, passiamo ad un’analisi veloce, ma puntuale, della lista di punti che i nostri gentili interlocutori hanno pensato di inviarci.
Si dice, al punto 1, che il 90% dei soggetti hanno sviluppato una risposta anticorpale; ma questo non è stato mai messo in dubbio né è mai stata fatta alcuna domanda in merito, trattandosi di un risultato di minima che non dà conto del livello e della risposta anticorpale. Fuori tema.
Al punto 2 si tenta di far passare i soggetti di controllo come soggetti utili solo al controllo tecnico di qualità dei test eseguiti; il che è una palese sciocchezza come chiunque nel campo potrebbe dimostrare, ricorrendo agli stessi dati presentati e alle parole dei presentatori in conferenza stampa, che hanno paragonato l’efficacia raggiunta nello stimolare la risposta anticorpale da parte del vaccino al livello di anticorpi osservato nei pazienti di controllo (traendone affrettatamente conclusioni sbagliate). Dunque, in questo caso, la risposta appare maldestra.
Al punto 3 si fa riferimento a cose che dovrebbero essere ben note a chi fa ricerca scientifica: possiamo testimoniare che uno dei firmatari di questo articolo non solo ha pubblicato su riviste scientifiche peer-review, ma è autore della revisione tecnica di diverse migliaia di articoli scientifici, come si potrà agevolmente verificare su richiesta. In particolare, è ben noto che l’efficacia di una singola dose di tutti i vaccini testati è inferiore a quella ottenuta con il richiamo, ma se ReiThera ha scelto di somministrare una sola dose (vantando questa scelta), è ovvio che è l’efficacia complessiva del trattamento presentato (a cominciare dall’induzione di anticorpi) che va paragonata a quella complessiva del trattamento previsto per altri vaccini, come Moderna: cosa importa sapere che il vaccino di Reithera non è inferiore ad una sola dose di quello di Moderna, se di questo si somministrano appunto due dosi? Vien da chiedersi anzi perché perseguire una singola somministrazione da parte di Reithera. Di fatti, proprio questo punto viene ventilato dai nostri interlocutori oggi per la prima volta, e non possiamo che approvare la decisione di “tornare nei binari”, soprattutto alla luce delle avventate dichiarazioni dei giorni passati che vantavano il vantaggio di avere un vaccino funzionante con una sola dose.
Nel punto 4 si fa riferimento, per valutare la risposta T, ai risultati del test Elispot: uno di noi ha già definito eccellenti questi risultati, ma la nostra domanda verteva sulla valutazione dei livelli intracellulari di citochine, i quali appaiono invece del tutto insoddisfacenti. Anche qui, direbbe la maestra, siamo fuori tema. Bizzarro è peraltro dire che i dati presentati in conferenza stampa non dovrebbero essere utili all’analisi: e a cosa dovrebbero servire, allora? A impressionare il pubblico? Non sarebbe meglio pubblicarli, questi benedetti dati, invece di mostrarli fugacemente?
Il punto 5 cerca di rispondere alla nostra obiezione circa l’investimento in una certa tecnologia, già disponibile presso altri, citando vari esempi di aziende che, come la Pfizer, hanno investito in un certo tipo di vaccino, nonostante vi fosse un investimento concorrente; si fa tuttavia finta di non capire che mentre quegli investimenti avvenivano quando tutti erano allo stesso stadio, perché non c’era nessun vaccino disponibile, oggi la situazione è molto diversa. Pfizer avrebbe investito da zero su un vaccino a RNA, se Moderna fosse stato già sul mercato? Perché, con il vaccino di Astra Zeneca in arrivo a giorni, investire sulla stessa tecnologia, ma a stadi precocissimi di sviluppo, è sconsigliabile, come del resto insegna l’Imperial College di Londra (ma gli esempi sarebbero anche altri), che ha appena arrestato lo sviluppo clinico di un vaccino ad uno stadio ben più avanzato di Reithera, proprio perché ormai ciò che è disponibile lo rende inutile.
Per il punto 6, si fa una cavillosa quanto non richiesta distinzione fra “finanziamento di un vaccino” e finanziamento di varie cose diverse, e cioè finanziamento degli impianti per produrlo e finanziamento della ricerca clinica per portarlo sul mercato. A noi sembra proprio che questo sia finanziare un progetto di ricerca per ottenere un vaccino; del resto, questa non è una nostra affermazione, ma ancora una volta è quanto si desume dalla dichiarazione di alcuni dei firmatari del documento ricevuto.
La risposta al punto 7 è fra le più interessanti ed utili: sembra che Invitalia stia investendo in un portafoglio differenziato di progetti volti all’ottenimento di vaccini. Questo è senza dubbio un bene ed è una novità che peraltro contrasta con il riferirsi al progetto come a quello del “vaccino italiano” (come fosse l’unico candidato); tuttavia, non basta affermare che una serie di progetti sono in valutazione, è necessario che l’intero progetto sia trasparente soprattutto per quanto riguarda la valutazione scientifica, visto che si tratta di scelte a dire di Invitalia strategiche per il paese. Perché i dettagli della valutazione non sono aperti e disponibili al giudizio del pubblico? E perché non affidarsi alla prassi internazionale nella valutazione di progetti di ricerca e sviluppo (o ricerca industriale, come affermato dagli autori), che è l’unica in grado di garantire la selezione del meglio?
Per i punto 8 e 9 si rileva un contrasto tra quanto annunciato ad aprile 2020 circa la disponibilità di 6 milioni di dosi a inizio 2021, che sarebbero state disponibili in anticipo sui dati dei trial proprio per essere pronti in caso di successo, e non dopo l’eventuale raggiungimento del traguardo; si prende atto del ruolo secondario delle due aziende estere consorziate, che però dichiarano cose in parte diverse.
Sul punto 10 non crediamo sia necessario commentare, vista la fragilità dell’argomentazione: basta solo ricordare l’incredibile dichiarazione del dott. Magrini circa i “facili e snelli rapporti personali” che hanno favorito il progetto, e interessa ribadire che AIFA deve essere l’arbitro di una partita, e gli arbitri non scendono in campo a lodare una squadra. E comunque nella risposta 10 si dice che la terapia è “tutta italiana”, mentre nella risposta 8 che al progetto partecipano due società europee, Univercells e Leukocare, che “sono complementari a Reithera”. Contraddittorio.
Infine, circa la conclusione sull’indipendenza vaccinale, le cronache di questi giorni confermano esattamente il contrario: è l’Europa che ci ha garantito un aumento di fornitura dei vaccini Pfizer e Moderna, ed è sempre l’Europa che sta trattando con AstraZeneca per non avere rallentamenti. Il Commissario e Ad di Invitalia Arcuri in questa iniziativa ha sempre parlato di “indipendenza” nazionale, dimenticando che se anche in Italia ci sono dei vaccini è grazie a collaborazioni internazionali e al ruolo dell’Ue. Bene che ora aggiusti il tiro ricordandosi che siamo in Europa e che solidarietà non vuol dire solo ricevere.
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