(Lapresse)

Ripartire si può

Sergio Silvestrini

Accelerare a tempi record i vaccini è l’unica strada per non avere paura del futuro

In Italia e in Europa si continua ad affrontare la pandemia elencando tre emergenze: sanitaria, economica e sociale. Come se fossero capitoli da gestire con strumenti e tempi distinti. Senza estirpare il virus non ci sarà ritorno alla normalità nella vita quotidiana delle persone e il ciclo economico non potrà ripartire. Accelerare a tempi record la somministrazione dei vaccini è la condizione base per sconfiggere l’acerrimo nemico invisibile e guardare al futuro con sollievo ed ottimismo. Da mesi la CNA afferma in ogni occasione che l’arrivo dei vaccini doveva rappresentare la pietra angolare sulla quale orientare le priorità e modulare le strategie.  Vaccinare entro giugno tutte le persone più a rischio per età, patologie e lavoro rappresenta la conditio sine qua non per salvaguardare la salute dei cittadini e far ripartire a pieno regime il motore dell’economia. Il dibattito politico e il confronto istituzionale invece continuano a privilegiare il tema delle misure di contenimento inseguendo il virus attraverso una frammentazione di ordinanze locali e un sistema a colori definito a livello centrale che va arricchendosi di nouance tono su tono con il rischio di disorientare cittadini provati da un anno di emergenza. I numeri raccontano un’altra storia e dimostrano che campagne di vaccinazioni efficaci sono l’unica potente arma contro il virus. In Europa e in Italia stiamo assistendo a una ripresa della curva dei contagi, in un mese saliti da 135mila a 167mila al giorno. Fa eccezione la Gran Bretagna che li ha ridotti di un terzo a quasi 6mila al giorno. Ancor più evidente la differenza con gli Stati Uniti che evidenzia l’effetto delle vaccinazioni. In 30 giorni i nuovi contagi sono crollati da 165mila a circa 40mila. Il netto miglioramento della situazione sanitaria si riflette rapidamente sul clima economico.

Le stime vanno sempre prese con le pinze ma l’ultimo Interim Economic Outlook dell’Ocse certifica un rafforzamento delle previsioni di crescita del pianeta rispetto alle proiezioni del dicembre scorso. Il Pil globale nel 2021 aumenterà al ritmo del 5,6% rispetto al 4,2% precedente. L’accelerazione tuttavia non è omogenea a livello geografico. Le migliori performance riguardano quei paesi che hanno premuto sull’acceleratore delle campagne vaccinali, accompagnate da robuste politiche di stimolo fiscale. L’asimmetria tra Stati Uniti-Gran Bretagna e i paesi dell’Ue è emblematica e non priva di paradossi. Fino a qualche mese fa Washington e Londra mostravano un profilo filo-negazionista rispetto alla pandemia provocata dal Covid. L’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca ha marcato una discontinuità rispetto a Trump mentre Boris Johnson non ha esitato a correggere la rotta, come deve fare il timoniere nell’affrontare le avversità. L’Ocse ha rivisto al rialzo il Pil americano nel 2021 dal 3,2% al 6,5%, quello dell’area euro dal 3,6% al 3,9%. La modesta accelerazione è l’effetto dei ritmi blandi della campagna vaccinale e bene ha fatto il premier Mario Draghi a porre con forza la questione all’ultimo vertice europeo. Il blocco dell’export di vaccini all’Australia è stata la prima misura nella logica del “whatever it takes” per sconfiggere il virus. Il cambio di passo tuttavia deve fare i conti con le forniture e la costruzione del sistema di distribuzione. Sarebbe ingeneroso e fuorviante far ricadere sulla Commissione tutta la responsabilità della penuria di vaccini. Al contrario la vicenda dei contratti con i Big Pharma dovrebbe essere da stimolo per completare il processo di Unione Europea. La Commissione ha negoziato su mandato di 27 governi che hanno condiviso le tre condizioni strategiche: spuntare prezzi bassi, no ad autorizzazioni provvisorie e rifiuto di sollevare le case farmaceutiche dalle responsabilità in caso di insuccesso del vaccino. Inoltre gli stati hanno partecipato durante l’intera procedura negoziale attraverso un comitato direttivo con potere di convalidare le decisioni della Commissione. Ma non è solo questione di assetti istituzionali e relativa gestione del rischio. All’esplodere della pandemia, l’Italia e gran parte dell’Europa hanno evidenziato molte difficoltà a reindirizzare con tempestività il sistema manifatturiero verso prodotti e servizi ad elevata complessità, non solo vaccini, anche reagenti e kit per i tamponi. Studi recenti sull’economia dello sviluppo mostrano che la tipologia di beni prodotti incide in modo rilevante sulle capacità di innovazione e di crescita economica dei Paesi. La limitata presenza nelle produzioni più complesse ha penalizzato il Vecchio continente nella gestione della pandemia e può rappresentare un ostacolo sul percorso della crescita. 

Sergio Silvestrini
segretario generale della Cna

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